ROMA – Di Maio ammazza aziende. Purché siano grandi aziende, da migliaia e migliaia di posti di lavoro e miliardi di euro di fatturato. Se sono così Di Maio le punta, le stana, le stende.
Aveva Di Maio appena quasi finito con Ilva. Con apposito testo di legge voluto da M5S il governo ha detto ad Arcelor Mittal che ha in affitto l’ex Ilva che la musica è cambiata. La musica cambiata è un cambio dei termini del contratto tra Stato e Arcelor Mittal. Nel contratto di prima c’era scritto che i nuovi proprietari si impegnavano e pagavano miliardi per il risanamento ambientale dello stabilimento di Taranto. In più investivano cinque miliardi nell’acciaieria. C’era anche scritto che nel durante dell’attività dell’impianto i nuovi proprietari non rispondevano penalmente e civilmente dei danni ambientali della proprietà precedente e di quelli eventualmente persistenti mentre si risana. Di Maio ha voluto la cancellazione di questa garanzia, di questa clausola, additandola come una perversa immunità, manco fosse quella dei parlamentari. Immunità è cattiva parola, scandalo, sempre e comunque: un vero M5S lo riconosci anche da questo.
Arcelor Mittal ha preso atto, semplice semplice: il 6 settembre scatta la legge voluta da Di Maio, il 6 settembre chiudiamo. L’annuncio non senza qualche evviva dalla base M5S. Un bluff quello di Arcelor Mittal? Proprio no: l’azienda sta preparando causa per modifica unilaterale del contratto. Buona probabilità di vincerla se ci sarà. Nel caso pagherà il contribuente. Andarsene, mollare l’ex Ilva non sarebbe per Arcelor Mittal un disastro, non qui e non oggi. L’acciaio risente del rallentamento economico internazionale. l’ex Ilva è investimento credibile sul lungo periodo. Ma se questo lungo periodo è costellato di stop, sequestri, esposti…Ex Ilva a settembre può chiudere davvero, 15 mila a spasso tra impianto e indotto. Li assume Di Maio estendendo ad ex Ilva il suo progetto per i dipendenti Alitalia, insomma pagandoli con denaro pubblico? E l’acciaio? L’acciaio? Per un vero M5S l’acciaio è roba dei padroni delle ferriere e comunque meno acciaio più salute. Così pensa un vero M5S .
Ma Ilva a Di Maio non bastava, è andato a Porta a Porta a tentare di chiudere Atlantia. Sì, tentare di chiuderla. Un ministro di un governo in carica che annuncia alla tv: Atlantia, l’azienda dei Benetton, quando toglieremo loro la concessione delle Autostrade sarà un’azienda decotta, senza valore…se la mettessimo in Alitalia tireremmo giù gli aerei. Un ministro (del Lavoro e Sviluppo!) che annuncia con orgoglio che sta lavorando ad ammazzare un’azienda e che la vuole morta.
Atlantia è quotata in Borsa, risparmiatori e investitori hanno soldi in Atlantia, l’azienda opera a livello internazionale, è una delle maggiori in Italia per dimensioni. Di Maio la vuole morta, lo dice con orgoglio. Atlantia è già agli avvocati.
Ed Alitalia? A voler essere precisi è Alitalia l’azienda decotta (finora costata otto miliardi al contribuente italiano). Per Alitalia, dossier curato personalmente da Di Maio, oltre ad altri, riluttanti, soldi pubblici (Ferrovie, Mef) non si è trovato nessun privato che si voglia accollare il 40 per cento dell’azienda. Su questa pista di decollo tracciata e vigilata da Di Maio c’è la concreta possibilità che ancora qualche mese e poi aeri Alitalia a terra.