Di Maio non regge più Salvini: “Io buono e caro ma…”. Dalla Lega: “Così voto anticipato a marzo”

Di Maio non regge più Salvini: "Io buono e caro ma...". Dalla Lega: "Così voto anticipato a marzo"
Di Maio non regge più Salvini: “Io buono e caro ma…”. Dalla Lega: “Così voto anticipato a marzo”

ROMA – “Io sono buono e caro ma adesso mi sto stancando”: è un Di Maio logorato dalla competizione con Salvini quello descritto dal Corriere della Sera alla fine di una giornata, quella di ieri, che ha segnato il momento più basso dell’alleanza Lega-M5S: il sacro “contratto” nella versione profana del do ut des, per cui io ti voto il dl sicurezza se tu dai il via libera all’allungamento della prescrizione nei processi, sembra più una prigione che un’opportunità di governo.

E’ tra le 18:30 e le 20 che, dopo ore passate a migliaia di chilometri di distanza, si materializza tutta la tensione accumulata sul dl sicurezza e la prescrizione tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Una tensione che, in mattinata, sale ulteriormente dopo la rimozione di Roberto Battiston dal vertice dell’Agenzia spaziale per metterci un uomo legato al potente sottosegretario Giorgetti. 

Diventa così quasi consequenziale il mancato vertice di chiarimento tra i due vicepremier (Salvini, “c’è la partita…”) al termine di una giornata in cui a prevalere sono le mosse tattiche, con il M5S che quasi minaccia di far cadere il dl sicurezza se la Lega non verrà incontro a Di Maio e ai suoi sulla prescrizione.

E’ sempre la tattica ad imporre a Salvini di incassare il “suo” decreto, quello sulla sicurezza, prima di sedersi al tavolo con Di Maio per trattare sulla prescrizione. E mentre l’Europa sospende il giudizio su una manovra di bilancio che senza modifiche porta dritto alla procedura d’infrazione, i due litigano su tutto, dalle grandi opere ai processi, dalla stretta ai migranti ai condoni edilizi. 

Il governo che doveva essere del “cambiamento” sembra ripescare piuttosto vecchie trame da prima repubblica, un esecutivo di coalizione affidato al bilancino degli interessi particolari. Così l’insofferenza diventa una minaccia: il retroscenista del Corriere segnala come non si vedano più capannelli misti di M5S e leghisti, la distanza si misura fisicamente. E il leghista Paolini viene intercettato mentre sussurra ai colleghi “si corre verso il voto anticipato, ma a marzo, non a giugno”. 

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