ROMA – Il decreto legge “Fare” ha ottenuto la fiducia con 427 sì e 167 no alla Camera dei deputati la mattina del 24 luglio. Il governo guidato da Enrico Letta ha blindato il testo del decreto legge “Fare” chiedendone la fiducia, richiesta a cui il Movimento 5 stelle, la Lega Nord e Sel avevano annunciato ostruzionismo e così è stato. I tre hanno presentato la maggior parte dei 251 ordini del giorno sul decreto. Si tratta di numero di eccezioni che per la maggioranza e il governo rappresentano la concreta possibilità che discussione e voto durino parecchie ore, prospettando così una seduta fiume. Il Movimento 5 stelle poi ha annunciato di essere contrario al voto di scambio ed ha chiesto che il ddl torni in Aula.
“Un testo impresentabile“, tuonava il 23 luglio il Movimento 5 stelle annunciando alla Camera battaglia contro la fiducia al decreto legge Fare. La scelta di blindare il decreto da parte del governo Letta non è andata giù ai parlamentari M5s. Il governo era pronto ad accettare quattro degli otto emendamenti presentati da M5S come ”irrinunciabili”, pur di far ritirare al Movimento le restanti proposte di modifica ed evitare così il ricorso alla fiducia. Ma nella filosofia M5s del “o tutto, o niente”, i parlamentari del movimento guidato da Beppe Grillo hanno scelto l’ostruzionismo.
Il Comitato dei 18, l’organo che istruisce i lavori d’Aula alla Camera, ricostruisce così la riunione del 23 luglio:
“Il sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti, aveva dato la disponibilità del governo su quattro emendamenti: innanzitutto che le aziende che ottengono finanziamenti agevolati non possono delocalizzare gli impianti su cui hanno ricevuto gli stessi finanziamenti; in secondo luogo l’apertura alla possibilità di contributo da parte di singoli cittadini al Fondo Centrale di Garanzia per le pmi; in terzo luogo la possibilità di dare compensi agli stagisti del ministero della Giustizia; e infine un sì all’emendamento che estendeva la Tobin Tax ad alcuni prodotti finanziari, in attesa della verifica che farà il ministero in autunno su questa imposta. Su un quinto emendamento, riguardante le semplificazioni per le ristrutturazioni edilizie che implicano la modifica della sagoma dell’immobile, De Vincenti aveva sottolineato che esso era stato assorbito da un’altra modifica della maggioranza votata in Commissione. Questo ragionamento, evidentemente non ha convinto M5S, che ha insistito sull’accoglimento di tutti e 8 gli emendamenti come ”conditio sine qua non” per ritirare tutte le altre centinaia di emendamenti”.
Michele Mario Giarrusso, del Movimento 5 stelle, ha dichiarato: “Noi del M5S ci opponiamo a che il testo sul voto di scambio venga esaminato in sede deliberante. Lo avevamo già detto lunedì, lo ripetiamo oggi. E se non c’è unanimità la sede deliberante viene revocata. In più abbiamo chiesto che il ddl venga esaminato in Aula. ‘Tutti parlano, ma noi siamo stati gli unici, prima alla Camera, poi in commissione al Senato a sparare a zero sul testo contro il voto di scambio e al momento i nostri sono gli unici emendamenti presentati”.
Il capogruppo del M5S in commissione Giustizia del Senato ribadisce così la contrarietà del suo gruppo ”ad un testo che fa un favore alla mafia” e che ”di fatto richiede il dolo” comportando così che si debba cercare ”un ulteriore elemento di prova”.
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