Altre cento pagine di intercettazioni con incontri e conversazioni telefoniche avvenuti tra il 28 ed il 30 gennaio scors0. Questo il contenuto di un nuovo rapporto degli investigatori del Ros dei carabinieri che sarebbe stato consegnato il 4 febbraio scorso ai magistrati a integrazione delle richieste di custodia cautelare nei confronti dei presunti responsabili del “sistema” che avrebbe governato appalti del terremoto in Abruzzo, del G8 e di altro grandi eventi.
Il dossier fa luce soprattutto sul ruolo del procuratore romano Achille Toro e sui suoi rapporti con alcuni degli indagati nell’inchiesta. Una strategia di scambi che prevedeva informazioni su indagini che venivano compiute nella capitale in cambio di assicurazioni sul futuro lavorativo dei figli del pm.
La moneta di scambio è inequivocabile, almeno per gli inquirenti: le informazioni sulle indagini ottenute dal padre, Achille Toro, procuratore aggiunto a Roma e coordinatore del pool di magistrati che stava indagando proprio sui sodali di suo figlio.
L’ultimo atto d’accusa di questa indagine, che ha aperto uno squarcio sul sistema di assegnazione degli appalti, è in un rapporto supplementare di ottanta pagine che non fa parte dei venti faldoni di atti resi pubblici nei giorni scorsi. Ed è firmato ancora una volta dal colonnello Domenico Strada, del Ros dei Carabinieri di Firenze.
Mentre a Firenze i magistrati della Procura aspettano dal gip il via libera per procedere all’arresto degli imprenditori che avrebbero commesso irregolarità nelle procedure di aggiudicazione per i lavori alla Scuola Marescialli dei Carabinieri, il nuovo dossier arriva sui tavoli dei pm di Perugia e disegna in maniera ancora più netta quali fossero i rapporti tra Camillo e Stefano Toro, figli dell’ormai ex procuratore Aggiunto di Roma, Achille, e l’avvocato Edgardo Azzopardi, amico di vecchia data e punto di raccordo tra Camillo e i vertici di quel “sistema gelatinoso” composto da pubblici ufficiali del calibro di Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che per anni avrebbe preteso di orientare appalti multimilionari verso imprenditori amici.
Lo stesso Balducci, fino al mese scorso, era riuscito a ottenere informazioni riservate sulle indagini che la procura di Roma stava conducendo proprio sui metodi illegali di spartizione degli appalti: «Piove tanto, spero che non ti piova dentro casa» sibila al telefono Edgardo Azzopardi, che ha appena sentito il suo amico Camillo Toro e sta parlando con Emanuel Messina, a sua volta legatissimo con Diego Anemone, l’imprenditore che gratificava Angelo Balducci in ogni modo.
È il 30 gennaio scorso, quando arriva l’ultimo allarme; dieci giorni e finiscono in carcere Anemone e Balducci, con gli altri funzionari De Santis e Della Giovampaola. E anche Camillo Toro e suo padre Achille vengono indagati, con il procuratore aggiunto che alla fine si vede costretto a lasciare la magistratura.
Nelle nuove carte appare ancora più chiaro l’intreccio di interessi che legava la famiglia Toro con il gruppo di funzionari e imprenditori corrotti. Negli atti compare anche una telefonata e alcuni sms tra Azzopardi e Stefano Toro, commercialista, secondogenito di Achille Toro. Questi contatti non vengono ritenuti compromettenti dal punto di vista penale, ma vengono elencati dagli investigatori per dimostrare i legami tra le due famiglie.
Sono invece le telefonate frequentissime tra Camillo, il primogenito di casa Toro, e Azzopardi, a rappresentare per gli inquirenti un elemento valido. A cominciare dall’insistenza del giovane Camillo, che a sua insaputa è soprannominato “il Pupo”. Chiede di accelerare al massimo la sua assunzione all’Acea, grazie all’interessamento di Angelo Balducci, attraverso un provvedimento del Gabinetto del ministero delle Infrastrutture.
Assunzioni ma non solo; perché in una telefonata tra Anemone e Messina c’è addirittura un riferimento a un bonifico che doveva essere fatto in fretta, ma che è stato difficile eseguire perché il codice Iban era sbagliato. E la conversazione avviene subito dopo un altro colloquio tra Anemone e Balducci, in cui il presidente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici chiede al costruttore di informarsi da Messina sulle novità, alludendo – almeno secondo gli investigatori – alle informazioni sullo stato di avanzamento delle indagini.
E ancora, in una conversazione telefonica tra Azzopardi e Camillo Toro del 26 gennaio scorso, l’avvocato chiede «Ma perché tu hai accettato le lenticchie, allora?». E il giovane Toro: «No, ancora no eh, ancora no». E in un’altra conversazione, è il figlio del magistrato che si preoccupa di precisare con la stessa metafora gastronomica: «Allora dato che a me interessa come ben sappiamo, prima di tutto le cose reali, concrete che si mangiano, e poi tutto il resto, ma che siano più o meno di valore».
Due conversazioni sono particolarmente significative.
Nella prima, Azzopardi parla con l’ingegner Massimo Sessa, dirigente del ministero delle Infrastrutture, datore di lavoro di Camillo Toro.
Insieme commentano quella che sembra essere la notizia del giorno. Azzopardi: «Due cose… la prima: Berlusconi ha annunciato in questo attimo che Bertolaso viene nominato Ministro… sarà ministro della Protezione Civile». Sessa: «E poi?» Azzopardi: «Dopodiché… “il piccolino” ( il riferimento è a Camillo Toro, ndr)… mi ha richiamato adesso… e quindi domani mattina io… prima passerò un attimo da lui». Toro ha infatti sollecitato un nuovo incontro urgente «anche se domani è sabato, pure di sabato dobbiamo…», poiché ci sono ancora novità. I due si risentono pochi minuti dopo, ore 18.21. Sessa: «Senti fai una dichiarazione contro gli americani, Edi… può essere che hai un futuro». (ride) Azzopardi: (ride) «Tu sei un ragazzo perspicace ed intelligente invece… credo che tu abbia fatto le mie stesse riflessioni». (…) Sessa: «Eh!… bo’… mi sembra… solo lui o ha fatto anche sottosegretari?» Azzopardi: «No… non è che li ha fatti… adesso stava a Coppito e ha detto in diretta… “ringraziamo paraparàparà -… io lo faccio Ministro”… lui si è coperto il viso, Bertolaso, come se si mettesse a piangere… si commuovesse». Sessa: «A piangere perché si è commosso?». Azzopardi: «Si è commosso… però non si… se rideva o se piangeva. Hai capito?… io che però… come diceva il gobbo… “a pensare male non si fa peccato…” allora ho fatto un retropensiero…».
La seconda è quella tra il segretario di Balducci, Di Mario, e lo stesso avvocato Azzopardi:
«Buonasera… mi scusi… mi ha chiamato Angelo… chiedeva se era possibile anticipare l’appuntamento… perché dice poi dovrebbe vedere Bertolaso a palazzo Chigi». Azzopardi fa presente che prima, alle 10.30, deve vedere «quell’altro» facendo riferimento a Camillo Toro: «Io devo vedere prima quell’altro… proprio alle 10 e mezzo… e quindi volevo essere fresco… ha capito?». Di Mario: «Come no?! … va bene… Alle 11 sempre lì… dove c’eravamo detti». Alle 20.43, intanto, Balducci manda un sms a Guido Bertolaso. «Sono commosso ed emozionato come un fratello vero può essere. Ti voglio bene davvero. pensa a Papà cosa direbbe. Tuo angelo». Il 30 gennaio, Azzopardi sale a casa di Camillo Toro, ore 9.25. L’incontro dura 40 minuti. Alle 10.31, poco prima dell’appuntamento fissato con Balducci e Sessa, l’avvocato spegne il cellulare. Effettivamente – annotano gli investigatori – fino alle 12.53 non verrà più registrata alcuna comunicazione. Anche Balducci si isola, lasciando il telefono nelle mani dell’autista. Arriva a casa di Azzopardi alle 10.58, a bordo di una Bmw 5. Ne esce alle 11.56. La prima telefonata che riceve è della moglie Rosanna, che mentre lo informa di cosa sta cucinando, percepisce che qualcosa non va: «Ti sento morto… tante volte quando sei al telefono esulti… ma bo!… non ti sento niente… come pensavo di parlare a nessuno…».
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