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Draghi tra consultazioni e toto-ministri: le ipotesi tra governo tecnico e politico

Un governo politico, con ministri politici in rappresentanza di tutti i partiti della futura maggioranza: è quello che si profila come il futuro governo Draghi secondo le impressioni delle delegazioni dei partiti che il premier incaricato sta consultando. 

L’ex numero uno della Bce Mario Draghi ha avuto parole più politiche che tecniche: ci sono scelte da fare e “non intendo eluderle”, ha detto, “la sintesi spetta a me, fidatevi della mia capacità di farla”.

Eppure i nodi da sciogliere sono molti: si dovrà tenere insieme Leu e la Lega, la flat tax e la progressività fiscale, la prescrizione e la pace fiscale. 

Mario Draghi si dice “molto ottimista” di poter sciogliere la riserva. Tra i partiti si diffonde la consapevolezza che i veti reciproci alla fine cadranno: ci saranno M5s e Fi, Lega e Pd, forse anche Leu, ma non Fdi.

Tra le delegazioni prevale la convinzione che il governo sarà politico. Nessuno può escludere che alla fine Draghi non decida di indicare tutti tecnici ma è questa la condizione che sembrano porre non solo M5s ma anche la Lega.

Tra le ipotesi, una suddivisione in stile ‘cencelli’: tre ministri al M5s, due ciascuno a Pd, Fi e Lega, uno a Leu, Iv e Misto. Si ipotizza l’ingresso dei leader, compreso Giuseppe Conte. Piace molto meno ai partiti l’ipotesi che Draghi indichi tecnici ‘di area’.

Le consultazioni di Mario Draghi 

L’ex presidente della Bce, che ha già avuto colloqui telefonici anche a margine delle consultazioni con protagonisti come Beppe Grillo, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, nel primo giro di incontri con le delegazioni continua a non sbilanciarsi.

Tra lunedì e martedì potrebbe andare in scena un secondo, rapidissimo, giro: sarà il momento in cui si ‘vedrà’ la maggioranza e anche la natura del governo e allora sarà dentro o fuori.

A chi continua a ipotizzare elezioni anticipate nel giro di pochi mesi o il ritorno al voto dopo l’elezione di Draghi alla presidenza della Repubblica, a inizio 2022, il premier incaricato fa capire di essere proiettato su un mandato lungo: non starà a Palazzo Chigi solo tre mesi.

Il programma Draghi

Accelerare la campagna vaccinale è in cima alle priorità: solo così si potrà uscire da un emergenza che è sanitaria, ma anche economica, sociale, educativa e culturale.

Tra i capisaldi del futuro programma di governo ci sono la gestione della pandemia (Iv gli chiede di riportare la gestione in Protezione civile) e la crescita con una spinta agli investimenti nel Recovery plan. E poi i giovani e la famiglia.

Draghi prende “molti appunti” e ringrazia per tutti i contributi programmatici che arriveranno. Sia il Pd che Leu gli fanno presente che da subito in Parlamento si presenteranno passaggi delicati come l’approvazione del decreto Milleproroghe alla Camera: lì – segnalano preoccupati di preservare l’alleanza con il M5s – ci sono gli emendamenti per sospendere la riforma Bonafede della prescrizione, il governo si affiderà solo alle dinamiche parlamentari o indicherà una linea?

“Il Pd lavora alla tutela della credibilità, della compattezza e della stabilità del progetto del governo Draghi”, dicono fonti Dem, segnalando i rischi di una maggioranza che ‘contenga’ la Lega.

Rischio veti?

Dal fisco all’immigrazione, dall’omofobia alla gestione della pandemia, il conflitto potrebbe essere continuo. Ma Draghi ricorda il mandato ricevuto dal capo dello Stato, che ha fatto un appello a tutte le forze politiche.

Il toto-ministri del governo Draghi

In nome di questo appello, i veti reciproci possono cadere. Tanto che si ipotizza che entrino al governo Matteo Salvini o Giancarlo Giorgetti per la Lega; Nicola Zingaretti o Andrea Orlando per il Pd, insieme a Lorenzo Guerini o Dario Franceschini; Conte (magari agli esteri – ma c’è il nodo Di Maio – o alla giustizia), Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli per il M5s. Ministri donna potrebbero rappresentare Fi e Iv, per Leu potrebbe restare Roberto Speranza.

Ma ci sono ipotesi anche per ministri ‘in quota Draghi’. Per ora il ‘borsino’ accredita all’Economia l’arrivo da Bankitalia di Daniele Franco (meno probabile Federico Signorini), allo Sviluppo economico Dario Scannapieco della Bei, al Viminale la conferma di Luciana Lamorgese, alla Giustizia Marta Cartabia.

Si citano anche nomi come quelli di Enrico Giovannini o Ernesto Maria Ruffini. Enrico Letta viene considerato una possibile risorsa.

Ma c’è chi invita a guardare anche tra i supermanager e scommette: le sorprese saranno numerose. 

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