Draghi, quel che Salvini capisce e la Meloni forse no: elezioni dopo i miliardi Ue, non prima

Draghi, governo Draghi, Salvini lo vota o no? Votarlo, votarlo proprio, proprio no. Come fa la Lega a votare il governo alternativa alle elezioni anticipate che la Lega invocava come unica e miglior soluzione? Ma bocciarlo, proprio bocciarlo, proprio no.

Come fa la Lega a darsi la zappa sui piedi avviandosi a vincere elezioni e magari a governare un paese che nel frattempo ha perso credibilità sui mercati, perso aiuto europeo, persi  i miliardi Ue che, dopo campagna elettorale pluri e maxi populista non sarebbero più a fondo perduto ma a fondo buttato?

Governo Draghi: Salvini, capra e cavoli

E’ il problema, qui e adesso, di Salvini e della Lega. Salvare la natura e l’anima (e anche la propaganda) del partito e dell’elettorato sempre  diffidente e malmostoso verso la Ue di cui Draghi è incarnazione vivente, salvare la narrazione della volontà popolare via elezioni che fa correre gli storpi e ridà la vista ai ciechi, salvare l’identità insomma del populismo di destra italiano e salvare insieme le condizioni minime per poterlo governare il paese una volta vinte le elezioni.

Salvini mostra di capire che non è un grande e buon affare ritrovarsi con elezioni vinte all’inizio dell’ estate e con un paese vaccinato a caso e come viene, con attività aperte o chiuse a folate di vento, con ancora blocco licenziamenti (e quindi assunzioni), con redditi di sostegno e ristori che innaffiano una sabbia sociale dentro la quale subito spariscono. Soprattutto, su tutto un paese che scegliendo elezioni ad ogni costo e rifiutando un governo Draghi avesse a quel punto avviato le pratiche di divorzio dalla Ue e probabilmente già in separazione non consensuale con i mercati finanziari.

Governo Draghi: Salvini lo capisce, solo non sa come fare

Salvini lo capisce, e non perché glielo ha suggerito e spiegato Giorgetti. Si vede, si percepisce che Salvini e la Lega lo capiscono che convien loro (e a tutti) che la destra vinca le elezioni nel 2023, dopo aver preso i miliardi Ue, e non nel 2020 prima di prenderli. Prendi la prima rata e scappa non è una grande idea, anzi è una sciocchezza.

Alla prima verifica semestrale da parte della Ue sull’utilizzo della prima rata, alla prima constatazione che sono stati spesi per un’altra Quota 100 o simile e non per una riforma della Pubblica Amministrazione, al primo pericolo di non vedere la seconda rata per manifesta inadempienza, che si fa, che fa la Lega? Un’altra campagna elettorale chiedendo voti contro la Ue cattiva? Un’altra campagna elettorale stando già al governo?

Salvini lo capisce che aver levato le mani impacciate ma vogliose, perfino bulimiche, di Conte dal Recovery è un’opportunità per un vero governo della Destra. Governo di domani, non dell’oggi. Salvini lo capisce o almeno sembra possa capire, sia tentato di capire che un governo Draghi può fare il lavoro sporco e pesante, evitare alla Destra al governo l’alternativa tra il piegarsi o lo scontrarsi con chi farà fiera resistenza alla riforma di Pubblica Amministrazione e Giustizia, tanto per dirne due.

Salvini lo capisce che alla guida di un’Italia che incassa e spende ma non riforma e non investe sarebbe lui stesso un Conte con la felpa e non con la pochette. Solo che è difficile, molto difficile salvare capra e cavoli. Bisogna avere inventiva, coraggio, voglia di rischiare. Tutte cose che non fanno parte della dotazione standard dei leader specializzati in raccoglimento di voti.

Governo Draghi: Giorgia Meloni invece non lo capisce

Meloni sembra invece non  capire che alla destra italiana conviene vincere le elezioni dopo aver preso i miliardi Ue e non prima. Giorgia Meloni non mostra di avere questi orizzonti. O forse non è che non capisce. Forse come da tradizione, lascito, cultura e famiglia politica, la Meloni ha tutto il suo orizzonte occupato da un  Me Ne Frego, gigantesco e luminoso e imperativo per tutti.

Travaglio e gli irriducibili di Conte

Una cosa resta da capire, e non riguarda la destra italiana. C’è vasta compagnia (non esercito) di irriducibili di Conte premier e leader. Quelli della pattuglia (facciamo reggimento) amano dirsi e raccontarsi come l’anima e il nerbo del vero popolo veramente di sinistra. Spesso li guida dal suo magistero giornalistico Marco Travaglio.

Conte forever e solo Conte come espressione di…In origine Conte fu, per sua auto definizione, “orgogliosamente populista” e “avvocato del popolo”, popolo contro il Palazzo. Insomma M5S puro e all’ennesima potenza. Poi arrivo Zingaretti e stabilì che destino, natura e magnifiche e progressive sorti del Pd oscillassero tra i ruoli di badante, tutore e consorte di M5S. Fino alla fusione ideale e carnale.

E Conte diventa campione dell’europeismo, della stabilità, anzi della stabilità progressista. Poi Conte, quando gli mancano i voti sotto i piedi, si inventa e si offre come aggregatore del centro moderato. Bene, cosa ci sia in Conte e nei suoi irriducibili di sinistra o anche semplicemente di progressista, o anche solo di riformista resta tutto da capire.

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