ROMA – Elezioni politiche 2013 vicinissime, 17 febbraio, al massimo il 24, la data. Se c’è una coalizione chiaramente in testa alla Camera dei Deputati (centrosinistra vincente), l’assegnazione del premio su base regionale non garantisce lo stesso esito al Senato, dove diventa decisiva la ripartizione di voti in Lombardia. Non solo da un punto di vista politico/economico la regione più ricca d’Italia sarà l’ago della bilancia negli equilibri politici in via di definizione e cristallizzati dal responso delle urne: per conquistare il Senato è necessario guardare alle alleanze che si lì si formano, all’assegnazione del premio (55% al primo arrivato), alla distribuzione delle quote spettanti ai perdenti.
Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore spiega dal suo Osservatorio Politico come funziona la lotteria dei premi a Palazzo Madama e, attraverso diverse simulazioni e tabelle ad hoc, illustra la mappa dei seggi che dovrebbe uscire dalle urne perché si verifichi una sua affermazione anche al Senato. Parliamo del funzionamento del Porcellum, alla sua terza prova, dopo la vittoria risicata di Prodi nel 2006 e della chiara affermazione di Berlusconi nel 2008. Il risultato delle varie simulazioni è la centralità della Lombardia.
Come funziona il Procellum al Senato e i seggi dei perdenti. Alla Camera, è facile, il partito o la coalizione che prende più voti ottiene, con il premio di maggioranza, il 54% dei seggi. Anche al Senato esiste il premio di maggioranza, ma viene assegnato su base regionale, nelle 17 regioni a statuto ordinario. Cui si aggiungono i seggi ottenuti in quelle a statuto speciale e quelli della circoscrizione estero. Chi arriva primo, nella regione, ottiene il 54% dei seggi. La complicazione è generata dal calcolo dei seggi assegnati ai perdenti nelle diverse regioni. Per dire, in Lombardia, i seggi totali sono 47, la quota destinata ai perdenti è di 21 seggi (contro i 26 del vincitore): un centrosinistra potenzialmente perdente in Lombardia, potrebbe ottenere dai 21 seggi ai 12 seggi (e così in Veneto, dove la forchetta è tra 10 e 5 seggi, e in Sicilia, tra 11 e 6 voti). 21 voti il centrosinistra li ottiene se prende tutti i seggi destinati ai perdenti, cioè se, per esempio, Grillo o un’ipotetica lista Monti, non superano l’8%, la soglia di sbarramento. A febbraio, bisognerà quindi guardare a quanto prenderanno queste formazioni per stabilire quanto saranno in grado di “rubare” al centrosinistra in Senato.
Alleanze politiche e strategie elettorali. Appare probabile, anche alla luce dello strappo berlusconiano, un recupero dell’alleanza Pdl e Lega: un’intesa a livello nazionale è naturalmente subordinata da quella a livello regionale (un leghista al Pirellone, Maroni?). Berlusconi conferma sull’alleanza: “Con la Lega non è mai venuta meno, stiamo cercando di risolvere il problema della Lombardia, che discende dall’alleanza a livello nazionale. Abbiamo deciso di sederci ad un tavolo per affrontare il problema a livello nazionale, e poi penseremo a quello lombardo, ma non vedo possibilità di contrasti”.
Per il Pd si profila “un appuntamento storico con quel Nord che fino ad oggi non ne ha voluto sapere di essere rappresentato da un partito che appare legato a politiche e interessi troppo marcatamente di sinistra”: è questa l’opinione di D’Alimonte suffragata dal suo studio. I Chiamparino, i Cacciari ma anche i Renzi (“porte aperte per te”, lo alletta Berlusconi), pensa D’Alimonte, sarebbero decisivi, comunque potrebbero colmare la storica distanza dall’elettorato lombardo (e del Veneto) che s’è sempre rifugiato nel centrodestra: ma l’occasione è storica, e troppo ghiotta per essere persa, con un centrodestra ridotto alle macerie. D’Alimonte perora anche un allargamento della coalizione di centrosinistra a una lista di centro per disinnescare definitivamente la minaccia Berlusconi: allearsi prima del voto con una lista o un partito di centro, Udc, Montezemolo o la fatidica lista Monti.