“Elezioni anticipate!”: tutti le minacciano ma nessuno le vuole, nemmeno la Lega

Berlusconi, Tremonti e Bossi

Le minacciano a giorni alterni la Lega di Bossi, il Berlusconi ferito e parte dell’opposizione di sinistra, ma alla fine le elezioni anticipate non le vuole nessuno. Il momento politico è di estrema confusione, ma nessuno, partiti e poteri “terzi” e forti, sembra voler cercare la soluzione nel ricorso al voto.

Certo è che il caso Ruby e lo stop al decreto sul federalismo danno altri due colpi durissimi a una legislatura già ampiamente compromessa. L’inchiesta sul presidente del Consiglio influisce non poco sugli equilibri interni alla maggioranza e compromette anche i tentativi di mediazione con l’Udc, che ha rotto la ‘trattativa’ con la Lega sul federalismo e annuncia una mozione di sfiducia nei confronti del ministro Sandro Bondi, coordinatore del Pdl. A parlare di voto anticipato è Umberto Bossi. Il Senatur minaccia le urne ”se non si fa il federalismo” e annuncia che su questo punto c’è anche il ‘placet’ di Silvio Berlusconi (che in realtà sul federalismo non ha mai pronunciato mezza parola e alla fine in cuor suo non lo vuole).

Il leader leghista avvisa l’opposizione: ”Chi dice sempre no – spiega – sa che al Paese non conviene andare alle urne”. Come a dire che, secondo il Carroccio, la responsabilità del voto anticipato ricadrebbe su chi pone ostacoli alle riforme. Il Terzo Polo raccoglie la sfida e rilancia, chiedendo un rinvio in commissione Bicamerale dell’approvazione del testo preparato dal ministro Roberto Calderoli: ”Così com’è non ci piace – spiega – pertanto presenteremo un emendamento per prorogare i tempi. Se ce lo bocceranno noi voteremo no”, è la minaccia dei centristi. Il colpo sembra andare a bersaglio: i leghisti appaiono pronti a trattare ed accogliere la richiesta.

Bossi e Calderoli

La Lega, comunque, ci vuole provare fino all’ultimo. La riforma della vita, il federalismo, va portata a casa a tutti i costi. E dunque, di fronte al Terzo Polo e al Pd che si sganciano e all’Anci che boccia il decreto sul fisco municipale il Carroccio non demorde e prova a trattare. Il ministro Calderoli va da Tremonti e incassa una piccola apertura, con il titolare del Tesoro che assicura che prosegue il confronto con i sindaci e che è ”assolutamente positivo”. Il tutto dopo una giornata convulsa con le opposizioni che si sganciano quasi definitivamente sulla riforma, lasciando aperto solo un piccolissimo spiraglio, quello, appunto, nel quale si infila il ministro della Semplificazione che non vuole lasciare nulla di intentato. Se poi la riforma dovesse naufragare, come ha ribadito ancora una volta Umberto Bossi, ”si va a votare”. Minacciando più che sperando una campagna elettorale già pronta per la Lega contro chi non ha voluto riformare il Paese con la rivoluzione federalista. Fatto sta che la strada per la devolution ora sembra un po’ più in salita.

”Il testo sul federalismo – dice il Terzo Polo affidandosi alla voce del senatore Mario Baldassarri, uomo simbolo del voto in bilico nella bicamerale – così com’è non ci piace pertanto domani presenteremo un emendamento al milleproroghe per allungare i tempi della delega. Se ce lo bocceranno voteremo no”. Serve più tempo per valutare tutta la riforma e il decreto che è in discussione in bicamerale, dice anche il Pd: ”Un decreto già negativo – va all’attacco il leader del Pd Pier Luigi Bersani – ci è stato proposto in modo totalmente stravolto, peggio di quello di prima. O loro rinviano e discutiamo o votiamo contro”.

L’apertura è confermata dallo stesso Bossi che in serata ha dato l’ok a una proroga ”di qualche giorno” ma solo sul primo decreto attuativo del federalismo fiscale. ”Penso che per questa volta gli daremo qualche giorno in più per il decreto”, ha detto il Senatùr precisando però che per quanto riguarda la proroga sull’intera riforma federale ”non si può fare”. E il ministro Giulio Tremonti, che tiene i cordoni della spesa, dopo aver ricevuto al ministero Calderoli, in serata apre uno spiraglio e sottolinea che sul federalismo ”la discussione è ancora aperta”.

Una prima risposta positiva in tal senso è arrivata stamane: il Consiglio dei ministri ha deciso il rinvio di una settimana dei termini per il voto del provvedimento sul fisco comunale che doveva essere esaminato nella commissione bicamerale entro il 28 gennaio.

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