ROMA – Elezioni. E Monti cadde la prima volta: via crucis Merkel, è disperato? Mario Monti è inciampato sulla Merkel: nessuno, tra i commentatori, il giorno dopo gli ha perdonato la mossa di arruolare a fini elettorali il leader di un altro paese. Non si fa, o, se si fa, significa che l’ansia, quando si percorre l’ultimo miglio, è a livelli critici, o magari, che i dati deprimenti che Berlusconi si ostina a spacciare su di lui, forse sono veri. Non si dice che Merkel non vuole il Pd al governo, soprattutto se il portavoce del Cancelliere subito dopo è costretto a una pubblica e sonora smentita.
Dalle “balle” di Monti di Libero, e questo è comprensibile, al “passo falso” de Il Sole 24 Ore, all’effetto “boomerang” de La Stampa, al “caso Merkel” del Corriere della Sera, alla “gaffe” del Fatto Quotidiano, i media specializzati sono rimasti soprattutto interdetti dalle frasi del Professore. Va bene il clima che si surriscalda, per cui l’algido accademico può perfino permettersi di dare del “cialtrone” a Berlusconi, va bene la mezza mutazione antropologica che gli consente di rivaleggiare con Grillo per lo stesso elettorato, però, ingaggiare un leader straniero a sua insaputa, questo uno statista non lo fa.
Perché “Monti smentito dalla Merkel è un inedito che solo questa stramba campagna elettorale poteva offrire […] Qualcuno però ricordi a Monti che (per ora) si vota in Italia” (è il polemico “contrappunto” sul Sole 24 Ore). Sempre dal quotidiano economico, Stefano Folli rimprovera a Monti tre errori tre mentre parla di passi falsi addebitabili a nervosismo da ultimi giorni: il già detto endorsement al contrario della Merkel, aver detto che se gli italiani rivotano Berlusconi è colpa loro, aver, in buona sostanza, bruciato un candidato autorevole come Emma Bonino per il Quirinale. Va notato che, in tutte e tre le questioni, è mancata la lucidità di pensare senza dire: è un candidato premier, non un editorialista, né un libero pensatore in vena di confidenze.
Sul Messaggero, Marco Conti sottolinea il disorientamento dei democratici che, finora, pur rimanendoci male, pur non comprendendo gli stop and go del Professore, non se la sentono di replicare a modo. Del resto, soprattutto con il viaggio di Napolitano negli Usa, il credito personale di Bersani è stato ben puntellato all’estero. Rivela Conti come, presso la residenza dell’ambasciatore tedesco a Roma, durante incontri politici pubblici, Elmar Book, esponente di punta della Cdu e vicinissimo di Merkel, non si faccia scrupoli nel confessare ad alta voce che come presidente del Consiglio vanno bene “tutti, Pd in testa, tranne che Berlusconi”.
Le “voci del Conclave”, il fantasioso rapporto sui sondaggi vietato ma aggirato fornito dal sito Youtrend.it, confermerebbero il vantaggio alla Camera del “cardinale di Piacenza”, il recupero parziale del “cardinale di Brianza”, il botto contenuto del “camerlengo di Genova” e la stagnazione dei consensi del “sobrio cardinale” appena sopra la soglia utile. Forse sono proprio questi dati, oltre che alla nota asprezza che gli si riconosce, che fanno dire al duro D’Alema: “Senza di noi Monti non sarebbe”.
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