ROMA – Una corsa per andare al voto in autunno, già a novembre del 2012. E’ l’ipotesi cui, secondo Unità e Corriere della Sera, starebbero lavorando i tre partiti di maggioranza che, per ora, sostengono il governo di Mario Monti. Ma il sostegno al governo, nell’agosto dello spread impazzito, vacilla davanti a una paura: quella che più tempo passa più si assottiglia il margine di maggioranza che Pdl, Pd e Udc avrebbero per presentarsi alle urne. Scrive infatti Francesco Verderami che ad oggi i tre partiti sommando i loro voti arrivano ad uno striminzito 55% dei consensi contro un 70% di prima delle amministrative e, soprattutto, un 85% di seggi attualmente occupati in Parlamento.
E allora la “soluzione” ideata da Pier Luigi Bersani, Angelino Alfano e Pierferdinando Casini sarebbe quella di raggiungere l’intesa sulla legge elettorale in tempi brevissimi, mandare in pensione il “porcellum” e aprire la campagna elettorale per arrivare alle urne già a n0vembre. “Ipotesi sul tavolo anche se Monti smentisce” scrive l’Unità il cui titolo di apertura è chiaro: “Meglio votare a novembre?”. Sta di fatto che le criticità non mancano: innanzitutto c’è da chiudere un accordo sulla legge elettorale entro i primi di agosto, ultimi giorni utili per poter effettivamente arrivare al voto a novembre. Non solo. Come osserva Verderami c’è un nodo tutto politico:
Decidere di smontare il governo di oggi, significa sapere già come montare il governo di domani. Ecco dove si è incagliata fin dall’inizio la trattativa. Da una parte c’è Casini, che insiste perché l’esperienza Monti abbia un seguito, dall’altra c’è Bersani che – pur non escludendo la Grande Coalizione se il voto la determinasse – mira comunque in quel caso a una soluzione «tedesca», con il leader del primo partito che forma una maggioranza e assume l’incarico di guidare l’esecutivo. Tra i due litiganti c’è poi Berlusconi, pronto a ogni mediazione pur di stare «nel ring», anche se proprio il ritorno in campo del Cavaliere crea un’ulteriore difficoltà nelle trattative, perché Pd e Udc non sono disposti ad averlo come interlocutore.
Il lavoro “tecnico” sulla legge elettorale, invece, è a buon punto: la base sarebbe quella di un sistema proporzionale con circoscrizioni più piccole, tre preferenze e un listino bloccato per il 25% dei seggi. La questione, però, più che di formula è politica. La posizione più complessa, in qualche modo è quella di Bersani che da un lato bolla il presunto piano con un laconico “tutte chiacchiere”. La sostanza, però, è quella di un clima del Paese che preoccupa anche il leader del Pd. Bersani ricorda: “Ogni giorno mi ritrovo sotto la sede del partito esodati, disoccupati. E mica sto a palazzo Grazioli, io. La mia porta dà sulla strada”. Così, per un Casini che chiede continuità con l’esperienza di Monti ci sono un Pd e un Pdl che vogliono cambiare, con sfumature diverse, strada. Il tempo stringe e il rischio che i mercati riescano persino a peggiorare davanti all’idea di un Paese senza Monti è concreto.