Elezioni 2018. Paola Maria Zerman: pubblica o privata? Alle famiglie il diritto di scelta delle scuola

Elezioni 2018. Paola Maria Zerman: pubblica o privata
Paola Maria Zerman

ROMA – C’è chi, come i 5Stelle, si propone di togliere i contributi alle scuole “paritarie” e chi, invece, riconosce il valore di una offerta scolastica diversificata, fermi, in ogni caso, i programmi indicati dallo Stato. È questo secondo il caso del Popolo della Famiglia, il partito uscito dal Family Day, che presenta candidati in tutta Italia per rivendicare il ruolo centrale della Famiglia dal punto di vista sociale e quindi presta particolare attenzione al tema della scuola, laddove si formano i futuri cittadini e lavoratori ai vari livelli professionali.

Sul tema è impegnata Paola Maria Zerman, Avvocato dello Stato, candidata come capolista a Roma e seconda a Verona. Nel corso della sua trentennale carriera l’avv. Zerman si è anche occupata di contenzioso scolastico. Ha pubblicato un libro sull’autonomia scolastica, ed un altro per i giovani, “Dalla scuola alla vita”; è stata consulente di un ministro dell’Istruzione, e ha presieduto una commissione di studio per la riforma delle scuole paritarie. Quindi si intende di scuola. Le facciamo alcune domande.

Avvocato, è meglio la scuola pubblica o quella privata?

Vanno bene entrambe. L’importante è che sia riconosciuta ad ogni cittadino la possibilità di accedere all’una o l’altra, secondo il principio di libertà di scelta educativa garantita non solo dalla Costituzione ma anche dalla Trattato di Lisbona a livello europeo. Del resto già dal 2000, con la legge 62, scritta dall’On. Berlinguer, si è stabilito che il sistema pubblico di istruzione è formato sia dalle scuole statali che da quelle paritarie (art. 1), ovvero le private che soddisfano i parametri stabiliti dalla legge sia in termini di qualità dell’insegnamento che di eguaglianza nell’accoglienza. Queste, naturalmente, non vanno confuse con i “diplomifici”, il cui unico scopo è quello di lucro.

Lei che scuola ha frequentato?

Io ho sempre studiato in scuole pubbliche e mi sono trovata benissimo. Per me i maestri prima e gli insegnanti poi, sono stati anche modelli e maestri di vita. Ricordo ancora l’ultima lezione del mio professore di greco, al Maffei di Verona, che ci disse. “Ora voi andate a vivere. Ricordatevi di amare sempre il bene e il bello (kalos kai agathos) e di diffidare di tutti coloro che in poco tempo guadagnano cifre enormi, vuol dire che non sono onesti”.

Questo però trent’anni fa…E’ opinione diffusa che ora il livello della scuola pubblica sia molto sceso, sia per l’insoddisfazione degli insegnanti, malpagati, sia perché, specie nelle grandi città, le classi sono formate in prevalenza da bambini extracomunitari che sanno poco l’italiano, cosa propone Lei?

La qualità della scuola è direttamente correlata al livello culturale del Paese. È ovvio che se livello della scuola è basso, scenderà quello generale, e questo è molto triste in un Paese dove l’eccellenza culturale e artistica è stata in passato un esempio luminoso nel mondo. Ritengo urgente che l’obbiettivo principale di un prossimo Governo sia la riqualificazione sia sociale che economica del corpo docente. Gli insegnanti devono essere meglio pagati, ma anche più apprezzati socialmente per il lavoro di estremo rilievo per la formazione dei giovani. Mi sembra necessario, inoltre, che gli alunni stranieri, frequentino separatamente dei corsi per l’apprendimento dell’italiano, in modo da non rallentare il lavoro di tutti gli altri alunni.

In questi giorni i rappresentanti del movimento 5 stelle stanno ripetendo che, una volta al Governo, toglieranno i contributi alle scuole private. Che ne pensa?

Penso che, al di là dell’apparente intento di favorire la scuola pubblica, togliendo risorse alla privata, e di stare dalla parte della gente comune, in realtà questa proposta avrebbe un effetto nettamente contrario all’intento che sembra interessare i proponenti. Infatti, non farà altro che ampliare la distanza tra ricchi e poveri, fatto che in Italia sta diventando sempre più preoccupante, avvicinandoci ai Paesi meno arretrati. È ovvio, infatti, che se il livello della scuola pubblica continua a scendere, e le scuole paritarie non sono sostenute dallo Stato, la retta costerà sempre di più. I ricchi si potranno permettere la scuola privata. I poveri prenderanno quello che c’è.

E questo non è giusto.

Infatti! Secondo me la vera eguaglianza sta nel mettere tutti in una identica posizione di partenza, assicurando a tutti le condizioni migliori per lo sviluppo delle loro capacità. Poi ognuno arriverà fin dove lo permetteranno il suo impegno e i suoi talenti. Del resto, in Europa, in tutti i Paesi le scuole istituite su iniziativa dei genitori, vengono sostenute dallo Stato, senza alcun tipo di opposizione ideologica. In Francia, ad esempio, paese laico per definizione, gli insegnanti delle scuole private sono pagati dallo Stato. Egualmente negli altri Paesi, il costo quasi integrale della retta è sostenuto dallo Stato.

Ma come mai in Italia, il sostegno pubblico alla scuola paritaria viene così osteggiato?

Come dicevo, è un problema ideologico. In Italia, la scuola paritaria viene ancora identificata con quella cattolica, e pertanto contrastata dalla forte presenza di alcune correnti anticlericali. Senza rendersi conto che in molti casi non è più così, e che, comunque, il servizio reso dalle scuole di ispirazione cattolica è stato enorme, sia dal punto di vista culturale che sociale. E senza nemmeno considerare che la scuola paritaria sta sollevando lo Stato da ingenti costi per gli insegnati e per la logistica,  che quest’ ultimo dovrebbe pagare per ospitare  il quasi milione di alunni che frequentano le private. I contributi erogati dallo Stato sono talmente modesti che l’anno scorso hanno dovuto chiudere oltre 200 scuole paritarie.

Ma la Costituzione non stabilisce che la scuola privata non deve comportare “oneri per lo Stato”?

Infatti.

I contributi esigui versati alle paritarie , non costituiscono oneri, ma un rimborso parziale del servizio pubblico reso dalle paritarie   e che costerebbe allo Stato molto di più se gestito direttamente se gli alunni usufruissero della scuola pubblica. Non voglio dilungarmi e rinvio agli studi, puntuali e scientifici,  di suor Anna Monia Alfieri, una delle massime esperte in materia,  che lo dimostrano molto bene. Il meccanismo è simile a quello delle aziende sanitarie convenzionate, accettate comunemente da tutti.

Quale sarebbe per lei il sistema migliore da adottare?

Lo stesso meccanismo adottato, come dicevo, per le cliniche convenzionate che danno la possibilità al cittadino di rivolgersi al privato, che viene poi rimborsato dallo Stato, secondo costi medi o standard. O, ancora, attraverso la deduzione integrale del costo della scuola privata, per evitare ai genitori di pagare due volte la scuola, quella pubblica con le tasse e quella privata con le rette. È un problema di giustizia. E un doveroso adeguamento ai parametri europei, secondo cui la libertà di scelta educativa dei genitori costituisce un diritto che deve essere garantito non solo in teoria ma anche in pratica, senza renderlo così gravoso economicamente da riconoscerlo solo alla parte più ricca, e sempre più esigua, della popolazione.

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