Elezioni, quasi 50 milioni di italiani al voto: 1 su 10 decide all’ultimo

ROMA – Sono quasi 50 milioni gli italiani chiamati al voto per scegliere il nuovo governo. I seggi hanno aperto regolarmente alle ore 8. Di questi 50 milioni, uno su dieci è ancora indeciso e deciderà quindi all’ultimo per chi votare. Sono gli elettori last minute, rimasti nel dubbio e non convinti dalla campagna elettorale.

Ad ogni modo gli elettori sul territorio nazionale sono, per la Camera dei Deputati, 47.011.309, di cui 22.569.269 maschi e 24.442.040 femmine, per il Senato della Repubblica 43.071.494, di cui 20.547.324 maschi e 22.524.170 femmine, che eleggeranno 618 deputati e 309 senatori. Le sezioni sono 61.597.

I seggi chiuderanno questa sera alle ore 22. Riapriranno domani, dalle 7 alle 15. Subito dopo – al termine delle operazioni di voto e di riscontro dei votanti – avrà inizio lo scrutinio, cominciando dallo spoglio delle schede per l’elezione del Senato. Successivamente, martedì 26 febbraio, a partire dalle ore 14, si svolgeranno gli scrutini per le elezioni regionali.

Come ci ricorda Ilvo Diamanti per Repubblica, per la prima volta nella Seconda Repubblica, la competizione elettorale è multi-polare. Non mette di fronte due soli schieramenti e leader in grado di intercettare la quasi totalità dei voti, come nel 2006. O, comunque, molto più dell’80%, com’è sempre avvenuto nelle precedenti elezioni politiche (dopo il 1994). In questa occasione le due coalizioni maggiori, insieme, sembrano in grado di superare il 60%, ma non di molto. Mentre altri due soggetti politici come Monti e il M5S sembrano destinati a condizionare gli assetti successivi al voto.

Che succede quindi? Scrive Repubblica:

Ciò ridimensiona la logica del “voto utile”. In quanto rende “utili” – e influenti – scelte diverse, non riassumibili nelle fratture bipolari del passato. In secondo luogo, il distacco verso i partiti e le istituzioni ha raggiunto un livello molto più elevato rispetto al passato. E la tentazione astensionista, per questo, si è allargata ulteriormente. Non per indifferenza, ma per ostilità. Un terzo “incentivo” all’incertezza è offerto dal M5S guidato da Beppe Grillo. Il quale mette in rete diverse istanze sociali e diverse rivendicazioni. Ma riflette e amplifica anche il deficit di fiducia verso la politica e i politici. Costituisce, dunque, un’alternativa all’astensione.

Così, è probabile che, in questa fase, l’indecisione di voto sia cresciuta e, di conseguenza, l’elettore “last minute” si sia diffuso ulteriormente. Perché si sono indeboliti i fattori che garantivano la stabilità – se non la fedeltà e la coerenza – degli orientamenti politici. I riferimenti di valore – se non le ideologie – e i legami con i partiti. Ma anche la fiducia nei principali leader e la credibilità dei principali canali di comunicazione politica. In primo luogo, la tivù. Che risulta ancora il “mezzo” più “usato”, attraverso cui si informa gran parte della popolazione (l’80%). Ma è, al tempo stesso, “ab-usato” e considerato poco affidabile. Per questo non riesce a garantire un legame stabile con gli elettori. Ridotti a “consumatori” di un prodotto – i candidati e i partiti – che, anche per questo, tende a “consumarsi” in fretta.

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