ROMA – Beppe Grillo aveva anche minacciato di abbandonare la corsa alle elezioni: fuori il “falso 5 Stelle” o quello vero se ne va. Mario Monti e Antonio Ingroia non avevano abbracciato una protesta così plateale, ma il governo dà loro ragione mandando fuori dalla corsa una serie di simboli-civetta.
Alla fine il ministero dell’Interno ammette 169 simboli elettorali su un totale di 219. Sono 34 invece quelli ricusati, ovvero i depositanti sono invitati a sostituirli entro 48 ore. Tra questi anche il simbolo clone di quello del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che era stato depositato dall’ex grillino Andrea Massimiliano Foti che però resta in corsa a un patto: semplicemente dovrà, come gli altri “ricusati”, modificare il suo contrassegno entro 48 ore.
Stessa sorte anche per i due “simboli civetta” che copiavano quelli del premier uscente Mario Monti (“Monti presidente per l’Europa”) e del magistrato Antonio Ingroia (“Rivoluzione Civile”). Fuori anche il simbolo della Lega Nord: giorni fa era stato presentato, in versione modificata, il simbolo storico. Sostituita la parola “Padania” con “Maroni” e presente il nome “TreMonti”, con la “emme” maiuscola, voluto “sfottò” al premier che forse ha indispettito il Viminale.
Il depositante può presentare a sua volta opposizione entro 48 ore, sulla quale decide, nelle successive 48 ore, l’Ufficio centrale nazionale. I depositanti di un altro contrassegno possono presentare opposizione contro la decisione del ministero dell’Interno di accettare un contrassegno che ritengano facilmente confondibile con il proprio; sulla opposizione, che deve essere presentata entro 48 ore dalla decisione, delibera l’Ufficio nazionale centrale.
Altri 16 simboli non hanno i requisiti necessari per partecipare alla competizione elettorale per carenza di documentazione. E’ quanto rende noto il Viminale in un comunicato.
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