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Elezioni, suspence indecisi, il 18% non sa ancora chi votare, il 25% non lo farà

di Emiliano Condò |28 Luglio 2022 15:04

ROMA – Tutto balla attorno a una percentuale, il 18%. Sono gli indecisi secondo Enrico Mentana. E sono tanti, tantissimi se si considera che all’impatto con le urne manca un giorno e mezzo. Poco tempo per decidere, le 24 ore rituali di silenzio del sabato. Poco tempo per sciogliere l’indecisione.

Venerdì, intanto, è stata la serata degli ultimi botti di campagna elettorale. Ha parlato Beppe Grillo e lui il “botto ” l’ha fatto visto che, migliaio in più migliaio in meno, ha portato in piazza a San Giovanni 800mila persone. Ha parlato Pier Luigi Bersani che invece, sempre a Roma,  si è accontentato di riempire un teatro. Ha parlato Silvio Berlusconi per interposto video, tenuto a casa da una congiuntivite che lo costringe a mandare a Napoli al suo posto Angelino Alfano. C’è chi ci vede un segnale di resa anticipata, ma di sondaggi e previsioni non è lecito parlare.

Le cartucce, insomma, sono state tutte sparate.  Ma resta quel dato, quel 18% degli aventi diritto che sono diversi milioni di italiani, 7-8, che non hanno ancora deciso dove mettere la loro X. Una cifra che, fatalmente, si spalmerà sulle liste, ma è una cifra che può cambiare tutto, almeno a livello di governabilità.

Il più ottimista, almeno sulla carta, è Bersani che per spiegare la sua posizione si serve dei corni. Perché l’ indeciso è in genere indeciso tra due o tre alternative. E Bersani è sicuro: ci sono i delusi Pdl indecisi tra il vecchio partito e il Pd, e ci sono gli indecisi tra il “nuovo”, ovvero il Movimento Cinque Stelle, e il “rassicurante” Pd. Così Bersani interpreta: “Noi siamo sempre in uno dei corni dell’indecisione”. Come a dire: una parte di quei voti sono nostri.

Chi invece la campagna elettorale la chiude con il “boom” è Grillo. I numeri sono chiari: 800mila persone a piazza San Giovanni, roba da concerto del primo maggio. Solo che il concerto non c’era e la temperatura non era quella del primo maggio. Non c’era neppure Adriano Celentano. Grillo ha scelto il monologo, la sua politica e l’apparizione finale del “guru” Casaleggio. Due minuti sul palco, solo per dire “parlo poco”. La sensazione, qualcosa di più, è che per comunicare con la gente sia meglio Grillo.

Poi ci sono i contenuti di Grillo. Si va dal ”tagliamo un miliardo alle nostre missioni del cazzo in Afghanistan. C’e’ un articolo 11 della Costituzione da rispettare”, al “Berlusconi ha la congiuntivite e non è andato a Napoli? No, ci ha visto bene che non c’era più un cazzo di nessuno”. Il resto è stupore per la piazza piena e passerella di chi con i Cinque Stelle già governa, come il sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

Finiti i comizi c’è il tempo per un ultimo appello in tv. A ospitare i leader è Rai Due. Sfondo rosso, quattro giornalisti disposti a plotone di esecuzione e sfilata di Berlusconi, Bersani e Monti. Di spostare voti non se ne parla. I tre ripetono le ricette delle ultime settimane. Si distingue Berlusconi con un affondo stile “bullismo da scuola media”. Si parla di Ruby, di Bunga Bunga e il Cavaliere difende così le sue cene eleganti:  ”Io sono gioioso e allegro e anziché fare come l’opposizione che ha la forfora, le puzza l’alito e che non si lava, mi piace cantare e scherzare. Ma non ho mai fatto nulla men che meno di corretto”. Quindi la precisazione: ”Io rispetto le donne e faccio complimenti veri”.  Servirà a convincere un po’ di quel 18% di indecisi?

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