Eluana un anno dopo. Beppino: “La mia battaglia non è finita”

Un anno fa a Eluana Englaro, la ragazza in coma da 17 anni per un incidente stradale, fu sospesa la nutrizione artificiale. Dopo anni di stato vegetativo e dopo una lunga battaglia del padre, Beppino, per interrompere il torpore forzato della figlia, Eluana lasciava questo mondo per sempre. Da quel 9 febbraio del 2009 le coscienze politiche, religiose e semplicemente umane si risvegliarono, scatenando polemiche etiche e morali, mentre a gran voce si chiedeva una legge capace di stabilire  i confini tra eutanasia  e omicidio, insomma una legge a tutela della vita. Questa legge non è ancora arrivata.

Un anno dopo, però, tutto è rimasto uguale. Beppino Englaro in una lettera a “Repubblica” lamenta: «E’ come un anno fa, come diciotto anni fa: un simbolo pulito della libertà individuale». La battaglia di Beppino non si è mai conclusa convinto che «il miglior modo per tutelare la vita in tutte le situazioni sia affidarne le decisioni a chi la vive».

Mentre Eluana moriva, ricorda, «c’era un giudicato» della Corte di Cassazione e «una corsa» della politica «che voleva sovvertirlo». Ma dopo un anno, sottolinea «la legge non c’è». Dov’è finita, si chiede Englaro«quella forza d’urto lanciata contro una ragazza che moriva?». La legge «così come viene formulata – secondo Englaro – non tiene e non terrà». Anche perché i cittadini «vogliono essere messi in grado di prendersi le loro responsabilità, non essere trattati come se non fossero responsabili delle loro scelte di coscienza».

Anche la posizione della Chiesa non è cambiata di una virgola. Nell’editoriale del direttore Marco Tarquinio, l’Avvenire ribadisce che «è naturale e umano dar da mangiare e da bere a chi non può provvedere da solo. Innaturale e terribile è invece l’idea di negare, in qualunque modo, la vita di chiunque o anche solo di abbandonarla nella debolezza, nell’estrena dipendenza, nella difficoltà. Innaturale e terribile è anche solo pensare di lasciare andare alla deriva una persona totalmente disabile». Il giornale dei vescovi italiani, ricorda oggi l’anniversario della «dolorosissima morte» di Eluana Englaro, invitando a guardare all’esempio «di coloro che, con dolcezza e sapienza umana e medica, amano e servono la vita e non la negano».

Il quotidiano della Cei cita, tra gli altri, l’esempio delle suore Misericordine «che nella casa di cura ‘Talamoni’ di Lecco continuano a offrire ai loro pazienti la stessa dedizione e la stessa fedeltà che diedero per 17 anni alla giovane donna in stato vegetativo persistente poi portata a morte a Udine». Sono solo «chiacchiere» e «digrignanti sofismi» quelli fatti da chi, secondo Tarquinio, «vuol far credere che accudire i malati più gravi, i cosiddetti ‘senza speranza’, sarebbe crudele. Le algide polemiche di chi osa descrivere come una ‘violenza’ le tenere cure prestate a chi non può badare a se stesso».

«L’alterigia antidemocratica – onclude l’editoriale – di chi invoca l’azione di ‘saggi magistrati’ per sovvertire le leggi che già stabiliscono (come la legge 40) o, si spera, stabiliranno presto (come la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento) un limite di rispetto nella manipolazione della vita nascente e un dovere minimo di assistenza degli inabili».

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