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Si vota l’emendamento Fava: sarà ‘censura al web’ in Italia?

di Elisa D'Alto |31 Gennaio 2012 15:59

Gianni Fava

ROMA – La Camera dei deputati dovrebbe votare oggi, martedì, su un discusso emendamento alla legge comunitaria che, se approvato, imporrebbe ai siti web di controllare i contenuti messi in rete dagli utenti e di eliminare quelli segnalati da parti interessate. L’emendamento in questione, presentato dal leghista Gianni Fava, è stato approvato a larga maggioranza nei giorni scorsi dalla commissione Attività produttive di Montecitorio, ma successivamente diversi partiti – dal Pd al Fli al Pdl – ne hanno preso le distanze. Il testo, che richiama una direttiva Ue del 2000 sul commercio elettronico, modifica il decreto legislativo 70 del 2003, disponendo tra l’altro la rimozione dei contenuti online non più su ordine delle autorità competenti, ma su richiesta “di qualunque soggetto interessato”.

A favore dell’emendamento Fava si è espressa nei giorni scorsi anche Confindustria Cultura Italia, secondo cui esso “sana un vizio legislativo italiano”. “L’obiettivo è tutelare i mercati legali, non l’abuso”, è la posizione espressa in un comunicato da Confindustria, secondo cui “solo rimuovendo gli ostacoli giuridici preesistenti, si potranno favorire forme di collaborazione con i gestori di piattaforme web e dissuadere gli utenti da comportamenti abusivi e illegittimi”. Per Confindustria finora è la legislazione italiana a essere anomala rispetto a quella europea. Circa 400 tra blogger, giornalisti, imprenditori e associazioni hanno invece inviato una email ai deputati per chiedere di cassare l’emendamento Fava.

“Se è importante la difesa del diritto d’autore questa non può avvenire a scapito dei diritti degli utenti e degli hosting provider (siti come Wikipedia, Google, Facebook) che saranno costretti ad una rimozione ‘selvaggia’ di contenuti”, dicono i firmatari. Nel novembre scorso, in un caso nato dal tentativo di imporre filtri che impedissero download illegale, la Corte di giustizia europea di Strasburgo ha ribadito il divieto di imporre a un provider Internet un obbligo generale di sorveglianza.

Nelle scorse settimane, la giustizia Usa ha imposto la chiusura di un popolare sito, Megaupload, con l’accusa di violazione del diritto d’autore. Il sito, un cyberlocker – cioè un servizio di Internet hosting che gli utenti usano per stoccare file – avrebbe provocato secondo le autorità Usa un danno di oltre 500 milioni di dollari di mancati introiti ai detentori del copyright sui vari file scaricati illegalmente.

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