Enrico Letta al Senato (foto): Italia, cogli l’attimo. Basta Berlusconi e governo lungo

ROMA –  Italia cogli l’attimo: basta Berlusconi e governo lungo. E’ la sintesi del discorso di circa 40 minuti con cui Enrico Letta, nella mattinata di mercoledì 2 ottobre, ha chiesto la fiducia al suo governo in Senato. Il premier non chiede una “fiducia contro qualcuno” anche se è una conseguenza implicita. E chiede una fiducia per governare, durare e riformare.

“Nella vita delle nazioni l’errore di non saper cogliere l’attimo può essere irreparabile”. Inizia con una citazione di Luigi Einaudi il discorso di Enrico Letta in Senato. “Cogliere l’attimo dipende da noi, dipende da un sì o da un no”. Perché, spiega il premier,  “l’Italia corre un rischio che potrebbe essere fatale, sventare questo rischio dipende da noi, dalle scelte che assumeremo, dipende da un sì o un no”.

Quindi il primo applauso, lungo. Che arriva non appena Letta cita Giorgio Napolitano. E l’impegno preso dal presidente della Repubblica per il secondo mandato,in cambio della stabilità.

Il Governo, spiega poi Letta, ha sempre dato prova di lealtà. Riferimento implicito ma chiaro, ai ministri Pdl di cui ieri sera il premier ha respinto le dimissioni. “Gli italiani, secondo Letta, non vogliono messe in scena, non ne possono più di sangue e arena”.

“Se il governo deve morire – aggiunge il premier – deve farlo qui in Parlamento”.  Che poi punge Berlusconi: “Le sentenze in uno stato democratico si rispettano“. Qualche protesta in Aula ma Letta tira dritto e passa all’elogio della stabilità, perché soprattutto crisi “significherebbe non poter fare le misure per favorire la ripresa”.

Le elezioni, invece, “rischiano di portare per l’ennesima volta il Paese all’ingovernabilità. Secondo Letta bisogna superare il Porcellum e l’attuale sistema di bicameralismo perfetto riducendo anche il numero dei parlamentari.

Il premier quindi parla della “crisi senza precedenti” da cui l’Italia sta iniziando a uscire. “Abbiamo perso 8 punti di Pil”. Serve quindi un nuovo patto di governo per continuare con le riforme e rispettare gli impegni presi con l’Europa per il 2014. Data non casuale, la stessa indicata infatti ieri dal presidente della Repubblica.

Letta quindi rifiuta l’etichetta di “governo del rinvio”: “Chi lo dice mente. Ci sono centinaia di misure messe in cantiere da aprile in poi”. E cita esodati, precari, assegnatari di Borse di studio, lavoratori delle fondazioni liriche. Segue l’elenco delle riforme fatte in 5 mesi dal governo. “Una scelta di serietà” le parole di Letta.

Non vogliamo nuove tasse e interverremo per contenere la spesa pubblica, annuncia Letta. “Non esistono tagli di spesa facili, a meno che non si intenda procedere a colpi di tagli lineari”. Cosa che secondo il premier nessuno in Aula vuole. Quindi, in caso di fiducia, ci sarà un nuovo commissario per la spending review. Con un obiettivo che Letta annuncia in modo semplice: ridurre le tasse per i cittadini onesti.  

In 12 mesi, secondo Letta, ci sono le condizioni per completare le riforme. Intervenendo sul cuneo fiscale per lasciare più soldi in tasca agli italiani e dare più competitività alle imprese. Secondo il premier, quindi, occorre evitare che la disperazione si trasformi in conflitto.  Letta ricorda come al sud l’impatto della crisi sia stato devastante. E prima di passare alla politica estera spiega l’intenzione del governo di ripartire fa “cultura e formazione”.

“Il 2014 è domani” spiega poi il premier ricordando come all’Italia toccherà la presidenza della Ue. “L’ultima volta è stata nel 2003, poi ci toccherà tra 15 anni, il 2014 è domani”. Letta chiede all’Italia di fare da guida. Perché, dice al Senato, “abbiamo diritto di sognare gli Stati Uniti d’Europa”. 

Quindi l’appello finale:  “Il Paese è stremato da una politica  ridotta a cannoneggiamenti, rissosa, immobile, ripiegata su se stessa e sorda agli interessi degli italiani. E’ il momento di dire basta con la politica da trincea. Concentriamoci su quello che dobbiamo fare”.

“Chiedo una fiducia che non è contro qualcuno, spiega Letta che conclude citando Benedetto Croce: “Ciascuno di noi ora si ritiri nella sua profonda coscienza e faccia in modo di non procurarsi con un voto poco meditato un pungente e vergognoso rimorso”. 

(Foto LaPresse)

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