ROMA – Il deficit è al 3,1% del Pil. Non è al 3%, tantomeno sotto quella soglia. Lo dice Enrico Letta in conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri che ha approvato il Def, il documento di economia e finanza.
Uno 0,1% che però fa la differenza. Perché il 3% è il tetto massimo indicato da Bruxelles e perché solo 24 ore fa fonti Ue hanno fatto sapere che anche solo uno 0,1% sopra quella soglia imporrebbe, nuovamente, misure europee sui conti italiani. Olli Rehn smentisce che ci sia una nota scritta e ufficiale sulla questione, ma l’attenzione europea sull’Italia è reale e motivata.
Spiega Letta: “L’interruzione della discesa dei tassi e la ripresa dell’instabilità politica pesa sui conti e per questo non siamo stati in grado di grado di scrivere oggi 3%” nel Def.
Il premier ha detto che “a legislazione vigente” il deficit è al 3,1%, ma ha anche voluto confermare “l’impegno a stare sotto il 3% alla fine dell’anno”. Un obiettivo, ha proseguito il premier, che è “alla portata” e che “non necessiterà di interventi particolarmente rilevanti”.
Il deficit programmatico, che quindi il governo si impegna a raggiungere, sarà al 3% nel 2013, con una correzione di 0,1 punti rispetto a quello tendenziale. Poi è prevista una progressiva riduzione: al 2,5% nel 2014 e all’1,6% nel 2015.
Già. Ma se già l’abolizione Imu sulla prima casa ha fatto vacillare i nostri conti pubblici, cosa potrebbe succedere se il Pdl continuasse a spingere per il blocco all’aumento dell’Iva previsto ad ottobre? Il dibattito politico delle prossime settimane è tutto su questo nodo.
Letta, su questo punto, è chiaro: staremo attenti ai numeri, a non sgarrare insomma: ”Affronteremo e discuteremo di tutte le questioni aperte” a partire da quelle fiscali, come l’Iva. ”Ne discuteremo con la nostra modalità, attenti alle cose concrete, alle cifre, ai dati”.
Nella Nota di Aggiornamento al Def ”emerge un quadro che vogliamo indicare come un quadro positivo per il futuro. Ci sono elementi che ci consentono l’anno prossimo di avere stabilmente il segno più per la crescita e di avere a fine anno segnali già postivi”.
Il premier spiega: ”Dodici miliardi di interventi nel triennio che sono serviti e servono per rilanciare l’economia e far sì che il nostro Paese possa avere il segno più davanti agli indicatori giusti, vale a dire la crescita”.
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