Feltri-Belpietro, editori per pochi “spiccioli”: 22 mila euro in due per il 20% di Libero

Pubblicato il 10 Maggio 2011 - 12:09 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Giornalisti, editori, soci: il duo Feltri-Belpietro, solo qualche mese fa, aveva annunciato l’acquisto del 20%  (metà per uno) dell’Editoriale Libero, che pubblica l’omonimo quotidiano. La notizia ebbe un grande risalto: il ritorno di Feltri, l’accoppiata con l’altro campione della pubblicistica di destra Belpietro, il coraggio di scommettere di persona, mettendoci  soldi propri. Sì ma quanti soldi? Leggendo la ricostruzione di Vittorio Malagutti sul Fatto Quotidiano di martedì 10 maggio, ci si rende conto che non si tratta di grandi cifre: 11 mila euro a testa, per il controllo di un quinto del giornale. Pochino? Dipende. Se si pensa che Libero vende all’incirca 100 mila copie al giorno, per un volume d’affari superiore ai 40 milioni di euro, stupisce che la società editoriale abbia un valore apparentemente irrisorio. Lo si scopre dalla lettura del contratto stipulato il 28 febbraio scorso e da pochi giorni disponibile nel data-base della Camera di Commercio.

Se invece, come spiega Malagutti, guardiamo alla complicata situazione patrimoniale e societaria di Libero le cose cambiano: senza i contributi statali, “il quotidiano berlusconiano rischia davvero il crac”. E allora l’investimento di Feltri-Belpietro acquista un altro significato: viene meno il coraggio, ma il prezzo delle quote è congruo. Il punto cruciale della vicenda è evidentemente un altro e riguarda la proprietà del gruppo e l’accesso ai contributi statali per l’editoria.

E’ utile un ragguaglio. A libro soci dell’Editoriale Libero compare come azionista di controllo la Fondazione San Raffaele, ente senza scopo di lucro – spiega Malagutti riportando i documenti ufficiali – “impegnato nella ricerca e gestione sanitaria nonché nella diffusione della cultura e dell’informazione”. L’Editoriale Libero si limita a pubblicare il giornale. La testata, ovvero il marchio, risulta invece di proprietà della Finanziaria Tosinvest, che fa capo alla famiglia Angelucci, che lo cede in affitto all’editore. La stessa Tosinvest è proprietaria anche del quotidiano Il Riformista. La distinzione tra proprietario ed editore è il nodo della questione, di cui è stata investita anche l’Agcom. L’Autorità di controllo, dopo una lunga indagine, ha comminato una multa di 103 mila euro agli Angelucci: la condanna sanzione il ricorso a vari schermi societari per coprire il doppio ruolo di editore. Non solo: avendo accertato che gli Angelucci controllano due giornali, ha accertato anche che violano la legge. I finanziamenti pubblici per l’editoria non possono andare a due testate collegate fra loro.

“Libero deve rinunciare a 12 milioni di contributi messi a bilancio nel 2009 come crediti per contributi e ad almeno altri 6 milioni per il 2010” ricapitola Malagutti. In sostanza, visto che i bilanci 2008 e 2009 erano finiti praticamente in pareggio, Libero è travolto dai debiti senza il paracadute statale. Quando il verdetto diventerà esecutivo qualcuno dovrà metter mano al portafoglio. E  a quel punto dieci o ventimila euro non coprirebbe nemmeno il chip iniziale per cominciare la partita.