Feltri e Berlusconi contro i vescovi.La “nota informativa” che accusa Dino Boffo sul Corriere della Sera

Non si arresta la polemica originata dalle rivelazioni del “Giornale” sui comportamenti sessuali del direttore dell’Avvenire Dino Boffo. Ad esse  si aggiunge la pubblicazione del “mini dossier” di cui era venuto a conoscenza Vittorio Feltri: il Corriere della Sera ne mostra l’originale pervenuto sulle scrivanie delle curie italiane già tre mesi fa.

Si tratta di un foglio contenente 30 righe dattiloscritte intitolato «Riscontro a richiesta di informativa di Sua Eccellen­za», unito alla fotocopia di un vero certificato della procura di Terni che riporta gli estremi di un decreto penale che che il 9 agosto 2004 con­dannava Dino Boffo alla «am­menda di 516 euro» per il «rea­to di molestia alle persone commesso in Terni nel genna­io 2002», senza ulteriori spiegazioni.

Di fatto la nota informativa è un documento senza dino_boffo1i crismi dell’ufficialità di un atto giudiziario ma assomiglia a una lettera anonima che, come aveva anticipato l’arcivescovo di Firenze Betori sabato scorso, era subito stata destinata al cestino della spazzatura.

L’anonimo estensore della nota non l’ha intestata a un giudice o a un pm ma ad un generico destinatario chiamato “eccellenza”, termine usualmente riferito a un alto prelato o in alcuni casi ad un’autorità prefettizia. Il documento è di tre mesi fa, quindi in epoca antecedente i noti fatti che riguardano le abitudini sessuali del premier, abitudini che Dino Boffo aveva successivamente stigmatizzato dalle pagine del giornale che dirige.

A ulteriore suffragio della nota pubblicata il “Giornale” ha mostrato anche l’articolo postato dal blogger Mario Adinolfi del 20 settembre 2005. Adinolfi, battitore libero all’interno del Partito Democratico, aveva dato conto sul suo blog del decreto penale scrivendo genericamente di un “direttore di giornale cattolico”.

Nell’articolo Adinolfi si chiedeva, polemicamente, come mai alla richiesta di visionare un atto che per legge è considerato accessibile a  «chiunque vi abbia interesse», il giudice Fornaci di Terni avesse opposto un rifiuto facendo prevalere «una prioritaria tutela del diritto alla riservatezza delle parti (imputato e parte offesa)». Insomma una coperta mediatica generalizzata, secondo Adinolfi, occultava una vicenda che giornalisticamente sarebbe stata un piatto prelibato. Adinolfi sulla ripubblicazione di quel post di 4 anni assicura che non si tratta di una “patacca”, è tutto vero: secondo Adinolfi, il lavoro di Feltri rientra tra le sue prerogative professionali, peccato che tutto sappia di strumentalizzazione, brandita come arma per distruggere l’avversario politico.

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