Fico-Casellati: retribuzione 16mila euro netti

di Riccardo Galli
Pubblicato il 26 Marzo 2018 - 10:10 OLTRE 6 MESI FA
Fico-Casellati, quanto guadagnano i presidenti delle Camere? Retribuzione 16mila euro netti

Fico-Casellati: retribuzione 16mila euro netti (foto Ansa)

ROMA – Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico sono i due nuovi presidenti di Senato e Camera. Due persone e due storie molto diverse che dal prossimo 27 del mese avranno in comune uno stipendio di oltre 16.000 euro netti al mese.

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Tanto guadagneranno infatti la Alberti Casellati e Fico grazie alle tante voci, alcune dovute e altre oscure e più simili a privilegi che altro, che comporranno la loro busta paga. Dall’indennità di carica ai rimborsi passando per le voci tassate ‘ad hoc’. Ricostruire quanto guadagnano i parlamentari italiani e ancor più chi presiede i due rami del Parlamento è un’impresa tutt’altro che semplice. Alla faccia della trasparenza.

Un’impresa che ha mandato in crisi persino il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, incaricato dall’ultimo governo Berlusconi e poi dal governo Monti di valutare l’effettivo compenso dei parlamentari italiani. Paolo Magliocco, su La Stampa, ha provato a fare i conti in tasca ai due neoeletti presidenti spulciando i siti web di palazzo Madama e Montecitorio, scoprendo però mille insidie tra voci poco chiare e importi dichiarati senza la specifica ‘netti’ o ‘lordi’. Cioè già tassati o ancora da tassare. Differenza non da poco.

Al netto però di queste insidie da dribblare, tramite le informazioni ufficiali dei due portali sappiamo che l’indennità base dei parlamentai italiani, e quindi anche dei presidenti di Camera e Senato, è calcolata prendendo come riferimento lo stipendio dei magistrati presidenti di Cassazione, cioè il gradino più alto della magistratura, e ammonta a 10.385 euro lordi. Al netto delle tasse il sito del Senato calcola che si riducano a poco più di 5.000 euro (5.300 euro dai quali vanno detratte le addizionali regionali), con un’aliquota fiscale pari quindi al 50%.

In realtà, lo stesso sito, in un’altra pagina, dice che sul 40% dell’indennità si applica una aliquota unica del 16%, molto inferiore a quella del calcolo precedente, anche se non se ne spiega la ratio visto che i contribuenti italiani pagano aliquote differenti e inferiori a quelle relative al loro reddito solo in pochi e regolamentati casi. Ma non è questa che la prima singolarità. E siamo a 10.000 lordi. All’indennità principale vanno poi aggiunti i rimborsi. Vari e diversi. Il primo è il rimborso che viene chiamato diaria e che dovrebbe servire a coprire le spese di soggiorno a Roma: 3.500 euro, che vengono però ridotti se il parlamentare si assenta nei giorni di votazione.

Alla Camera poi ci sono altri 3.690 euro per quelle che vengono chiamate “spese di mandato” e che dovrebbero comprendere le spese vive sostenute per l’attività politica, compreso il collaboratore o i collaboratori. Spese che per metà devono essere giustificate mentre per l’altra metà sono corrisposte comunque. Anche qui diversamente da come accade per gli altri lavoratori che solitamente sono chiamati a giustificare la spesa di ogni singolo euro che deve essere rimborsato. Al Senato invece ci sono due rimborsi, oltre la diaria. Il primo è un rimborso forfettario, quindi erogato sempre e comunque, di 1.650 euro. Il secondo è quello per l’esercizio del mandato ed è di 4.180 euro: anche in questo caso per metà deve essere giustificato e per metà no. Siamo a 18.000 lordi alla Camera e 19.000 al Senato.

Per la Casellati e per Fico ci sono poi da contare anche le indennità d’ufficio, cioè lo stipendio che viene aggiunto a quello di parlamentare per il fatto di ricoprire il ruolo di Presidente: 4.223 euro netti. E il totale è di circa 23.000 lordi che si tradurrebbero in circa 13.000 netti immaginando una tassazione progressiva come quelli che tutti i contribuenti pagano, ma che lievitano oltre i 15.000 in virtù delle agevolazioni e delle differenti aliquote applicate alle differenti voci. Fico, come da richiesta e costume dei 5Stelle e come chiesto anche dalla sua predecessora Laura Boldrini, rinuncerà probabilmente a parte dell’assegno. E forse farà altrettanto la Casellati anche se la sua storia personale giustifica più dubbi su questo fronte.