Penati, Di Caterina e la super tangente “restituita”

Filippo Penati (Lapresse)

MILANO –  Di soldi versati a Filippo Penati per coprire le spese locali del partito aveva parlato Piero Di Caterina, l’imprenditore di Sesto San Giovanni, titolare della Caronte, impresa operativa nel trasporto pubblico. Poi è spuntato un presunto giro di tangenti che sarebbero servite per favorire interventi edilizi nelle aree ex Falk e Marelli con un’inchiesta coordinata dai pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia.

Adesso la Serravalle è sempre più nel mirino dei magistrati. Di Caterina grande accusatore di Penati, ex presidente della provincia di Milano, aveva parlato anche di “profili palesi e profili riservati” della vendita del 15% di azioni Serravalle. Ci sarebbe anche un nuovo particolare, ovvero un altro passaggio: “Così Penati restituì a Di Caterina due milioni e mezzo di tangenti”, titola il quotidiano La Repubblica.

I giudici vogliono vederci bene sull’operazione che nel 2005 fece passare alla Provincia la maggioranza della società e secondo quanto scrivono Sandro De Riccardis e Walter Gabiati su Repubblica “hanno nominato un commercialista per rileggere l’intero fascicolo dell’operazione Serravalle e capire se qualcosa di illecito si nasconde dietro la supervalutazione delle azioni.

Nel 2005 la Provincia, guidata da Penati, acquistò da Gavio il 15% del capitale della società autostradale, pagando 8,9 euro ciascuna azione che l’imprenditore aveva invece acquistato a 2,9 euro. Su quella vendita che garantì al socio privato una plusvalenza di 179 milioni, la procura di Milano ordinò una perizia che giudicò “congruo” il prezzo, mentre la Corte dei Conti parlò di operazione “priva di qualsiasi utilità”. Ora la procura di Monza, che indaga sul giro di tangenti del “Sistema Sesto”, ha acquisito la relazione della Corte dei Conti e iscritto nel registro degli indagati il manager di Banca Intesa Maurizio Pagani per aver partecipato agli incontri per definire “il sovrapprezzo da pagare a favore di Penati e Vimercati””, ricostruisce il quotidiano.

Fra i diversi racconti del cosiddetto “Sistema Sesto”, c’era anche quello di Di Caterina che aveva detto di aver saputo direttamente da Penati, che “l’acquisto della partecipazione gli avrebbe consentito di restituire i soldi”, circa 2,5 milioni di euro che l’imprenditore gli aveva prestato.

Repubblica parla anche di una finta compravendita tra Di Caterina e Bruno Binasco, manager del gruppo Gavio, “con una clausola che garantiva all’imprenditore due milioni di euro se la vendita non fosse andata in porto”, spiega Repubblica.

“Binasco ha aggiunto la postilla a mano – ha detto ai pm Di Caterina – ho avuto la sensazione che volesse chiudere il contratto nel senso di pagare la caparra e sganciarsi da altri impegni, altrimenti quella clausola non avrebbe alcun senso”. Binasco è indagato per finanziamento illecito ai partiti, visto che i due milioni di euro sarebbero stati pagati a Di Caterina ma per Penati.

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