ROMA – Abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Al suo posto arriveranno i contributi volontari. E le detrazioni fiscali per i donatori. Ma soltanto per quei partiti che siano provvisti di regolare statuto. Lo prevede l’articolo 1 del disegno di legge uscito dal consiglio dei ministri di venerdì 31 maggio. Così l’articolo 1 della legge secondo l’agenzia Public Policy che ne anticipa il contenuto::
“È abolito il finanziamento pubblico ai partiti. I partiti e i movimenti politici sono beneficiari di forme di contribuzione volontaria privata agevolata alle condizioni previste dalla presente legge”
Il ddl presentato dal Governo Letta in tutto consta di 15 articoli. Nello stesso Consiglio dei Ministri è arrivato anche il via libera ai bonus sulla casa e la nomina di Alessandro Pansa a capo della Polizia.
Soprattutto i contributi volontari saranno esigibili solo dalle forze politiche che hanno un regolare statuto. Norma questa, che non mancherà di far discutere, soprattutto in relazione al Movimento 5 Stelle.
Dal 2014 entrano quindi in vigore i contributi volontari. Sempre secondo Public Policy ogni contribuente potrà destinare il 2 per mille della propria imposta sul reddito (Ire) a favore di un partito o movimento politico.
Scrive l’agenzia:
“Nel ddl si legge che il 2 per mille Ire potrà però essere destinato solo ai partiti e movimenti politici iscritti in un apposito Registro e che abbiano scelto di usufruire della ripartizione annuale delle risorse. Per la registrazione si richiede la presentazione di uno Statuto. Al momento della dichiarazione dei redditi, si potrà scegliere di destinare il 2 per mille a un partito o movimento, compilando una apposita scheda “recante l’elenco dei soggetti aventi diritto”.
Sempre la bozza prevede che “il contribuente può indicare sulla scheda un unico partito o movimento politico” o destinare il 2 per mille dell’Ire allo Stato. In caso di scelte non espresse, recita la bozza del Governo, “la quota di risorse disponibili” con un limite da stabilire “è destinata ai partiti o all’erario in proporzione alle scelte espresse”. In questo caso, si legge nella bozza, “la ripartizione di risorse fra i partiti e movimento politici è effettuata in proporzione ai voti validi conseguiti da ciascun avente diritto nelle ultime consultazioni elettorali” di Camera e Senato.
Obbligo di statuto o niente soldi. Per accedere alle donazioni i partiti dovranno dotarsi di uno statuto. Questo prevede l’articolo 8 del disegno di legge del governo Letta che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti, da poco approvato dal Consiglio dei ministri. Secondo Public Policy
lo statuto deve indicare il numero, la composizione, e le attribuzioni degli organismi che compongono il partito o il movimento politico. E ancora: lo statuto deve contenere le procedure relative ai casi di scioglimento, chiusura, sospensione e commissariamento; le misure disciplinari che possono essere adottate nei confronti degli iscritti; le modalità di selezione delle candidature al Parlamento europeo, per il Parlamento nazionale, per i Consigli regionali e comunali.
Agevolazioni fiscali a chi dà soldi ai partiti. Il Ddl prevede donazioni che saranno incoraggiate da una serie di sgravi fiscali: fino a 5mila euro si potrà detrarre il 52% dell’importo donato, fino a 10mila il 26%. No, invece, alla richiesta di Pdl e Sc di alzare il tetto alle donazioni fino a 20mila euro.
La donazione del 2 per mille. Per ragioni tecniche comparirà solo nella dichiarazione dei redditi 2014, ovvero quella che gli italiani consegneranno nel 2015: ai partiti prima del 2016 non arriveranno soldi, il cui totale dovrà comunque essere inferiore al tetto attuale del finanziamento pubblico per far risparmiare lo Stato (chi barra il 2×1000 togli soldi all’erario). Fino al 2016, dunque, rimarranno i rimborsi attuali, anche se tagliati progressivamente di anno in anno.
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