Tra Fini, Bocchino e le elezioni anticipate, Confalonieri e Bossi in pista e Berlusconi vu’ cumprà

Basda basda uldimo brezzo mi rovini

I nostri lettori non sono laureati in giornalismo né iscritti all’apposito albo, ma stanno rivelando di possedere una qualità che sembrava ormai rarissima, il buon senso.

Per un po’ alcuni di loro forse hanno davvero creduto che Gianfranco Fini potesse rappresentare una alternativa moderata a Silvio Berlusconi, la cui credibilità è in continuo calo, continuo ma non tale da giustificare l’illusione del “mandiamolo a Casa”; c’è anzi da pensare che se Berlusconi uscisse vincitore da una campagna elettorale trasformata in un referendum potrebbe trasformare il risultato in un plebiscito e allora sì che comincerebbero i guai per tutti noi.

Ora però cresce il numero di chi è stato scontentato anche da Fini e dai suoi camerati e lo testimoniano i commenti delusi che riceviamo. Cominciano a rendersi conto che Fini non ha la forza né la capacità di mettere in piedi un partito che lo porti a Palazzo Chigi e che le varie componenti dell’opposizione, unite dall’antiberlusconismo, sono poi strutturalmente divise da diversità di storia, ideologia e anche interessi e nessuno sarà mai disposto a fare un passo indietro per favorire Fini.

Tutto questo Fini l’ha sempre saputo, ma sa anche che, con le sue forze, per quanto esigue, può far passare a Berlusconi un brutto quarto d’ora. Lo scopo? I nostri lettori avveduti cominciano a avere qualche idea e parlano apertamente di mercato. Indubbiamente tante cose lasciano perplessi e non basta la sola motivazione della rivalità politica, dell’invidia personale, del risentimento intriso di ingratitudine verso uno che ti ha portato all’onor del mondo ma poi ti ha portato via tutto, amici, camerati di militanza, il partito stesso, illudendosi che tu te ne stessi buono e felice nel tuo esilio dorato, circondato da segretari e parenti un po’ iperattivi che tu eri troppo distratto per controllare un po’ più efficacemente.

Nessuno di noi sa quale sia il vero contenuto della trattativa in corso. Quando si pensa a negoziati di questo genere, si deve sempre avere chiaro in mente che dietro il velo dei grandi principi politici e morali c’è una bassa macelleria di sottogoverno: ministeri, presidenze e consigli d’amministrazione di banche, aziende pubbliche, enti, fondazioni e qualunque postazione attraverso cui passino denaro pubblico, appalti, concessioni, licenze.

La trattativa col drappello Fini, peraltro, non sembra l’unica se si vuole fare uscire dal mero ambito locale il piccolo Frankenstein partorito a Roma dall’ex cameratissimo Gianni Alemanno. D’altra parte per Berlusconi la partita è di vita o morte: in ballo c’è il suo futuro non solo come politico e imprenditore ma anche come uomo libero, in senso tecnico e giudiziario.

Per questo c’è da giurare che mentre tratta con Fini e i suoi e intanto cerca di sfilargliene qualcuno Berlusconi tratta freneticamente almeno su altri due tavoli: quello del democristiano Casini e quello del camerata Storace, come è emerso dalle cronache comunali romane.

Non dimenticate che Berlusconi, quando non è in trip di onniscenza e onnipotenza, sa essere lungimirante: si  curava il Msi dieci anni prima di allearsi pubblicamente e con Storace, quando la sconfitta elettorale del 2005 gli fece perdere la poltrona di presidente della Regione Lazio, se lo portò al governo, dandogli la Sanità (che dopo un anno Storace dovette lasciare, travolto da uno scandalo che gli è costato la condanna a 18 mesi di carcere.

Nessuno, ad esempio, ha capito la incongrua rivendicazione di un ruolo da paciere da parte di Fedele Confalonieri. Le frettolose spiegazioni date non hanno convinto perché Confalonieri non è solo l’uomo di pace, intelligente e colto amico di scuola di Berlusconi; è anche il presidente di Mediaset e alla luce di quel che si è saputo sulla recente passione per le produzioni tv della nuova famiglia d’acquisto di Fini la cosa dà un po’ i brividi.

Il livello di tensione della trattativa è alto al punto che né Berlusconi né Fini e Bocchino si sono resi conto della dolorosa comicità della situazione, essendo ormai arrivati alla trentesima minaccia di elezioni anticipate, per render più credibile la quale Berlù ha chiamato in soccorso Umberto Bossi. Ma ormai il disco si è incantato. Chi gli dà più retta?

Non ricordate un po’ le sceneggiate che fanno i vu’ cumprà quando uno tira sul prezzo di una Vuitton o di un telo da spiaggia?

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