“Fini non è più imparziale”. La Lega non chiede le dimissioni ma avverte il presidente della Camera: “Devi essere l’arbitro”

Pubblicato il 23 Dicembre 2010 - 10:46 OLTRE 6 MESI FA

Se vuole rimanere presidente della Camera, Gianfranco Fini deve rimanere super partes: è questo il messaggio inviato dalla Lega al leader di Futuro e Libertà. Il capogruppo del Carroccio a Montecitorio, Marco Reguzzoni, ha scritto una lettera ufficiale indirizzata proprio alla  Presidenza della Camera. I lumbard chiedono una discussione in aula su ruolo e funzioni ruolo del presidente della Camera. La strategia dei leghisti è stata spiegata da Fabio Martini in un articolo pubblicato su La Stampa.

La manovra dei leghisti questa volta  è sottile perché non parte da una perentoria richiesta di dimissioni. Con un dibattito pubblico invece, spiega Martini, Bossi e i suoi puntano ad aprire una riflessione più ampia sul “ruolo arbitrale del presidente della Camera”.

Reguzzoni ha spiegato perché, a suo modo di vedere, Fini ha perso l’aura di imparzialità che il suo ruolo gi garanzia richiederebbe: «Fini non è più super partes dopo aver chiesto in tv le dimissioni di Berlusconi prima del dibattito parlamentare», «manovra lesiva della dignità del Parlamento»; non lo è per aver convocato «nel suo studio di Montecitorio parlamentari della maggioranza per chiedergli di votare la mozione di sfiducia», tutti atteggiamenti che rappresentano un «precedente grave» e dunque «l’aula deve essere chiamata a discutere del ruolo del suo presidente», anche se il dibattito «non necessariamente» si deve concludere con una votazione.

La sottigliezza del ragionamento leghista, sottolinea Martini, sta proprio nel non chiedere direttamente le dimissioni, ma di indurre a pensare che sarebbe la soluzione più idonea: «Questa – sostiene Reguzzoni – è una scelta che compete alla coscienza di ciascuno».

Quello leghista sarebbe dunque un “avvertimento”, che può essere sintetizzato così: “caro Fini, quando riprenderà la maggioranza, riprenderà la sua attività di «shopping» nei confronti dei parlamentari «delusi», guai a te se predisponi in prima persona azioni difensive o contromanovre”. Come ha spiegato infatti uno dei capi leghisti che ha parlato con Martini: «Sappiamo che prima del 14, Fini, assieme a Casini, ha incontrato nel suo studio alcuni parlamentari allo scopo di convincerli a votare la sfiducia. Sono cose che non si devono ripetere quando, a gennaio, la maggioranza allargherà i propri confini».

Martini ha definito “spiazzante” la richiesta di dibattito, “che in via informale ha prodotto domande senza trovare risposte definitive, mentre si incrociavano interpretazioni autorevoli e non convergenti”. Questo vuol dire che all’interno del Pdl non c’è stata un’interpretazione unitaria della vicenda: il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto non si è esposto più di tanto a favore della proposta leghista, che ha invece ricevuto il plauso del portavoce Daniele Capezzone. Forse perché, con una riflessione ampia, si dovrebbe sindacare anche sul ruolo di garanzia del dirimpettaio di Fini, il presidente del Senato Schifani, più volte accusato dall’opposizione (anche nelle recenti sedute dedicate alla Riforma Gelmini) di agire per conto del Governo.