”Inammissibile”. Gianfranco Fini, respinge al mittente la richiesta della Lega di un dibattito parlamentare sul suo ruolo di presidente della Camera ma attacca anche il presidente del Consiglio che non lo considera super partes. La Terza carica dello Stato scrive una lettera al capogruppo del Carroccio, Marco Reguzzoni, che aveva chiesto di dibattere in Aula sullo ”svolgimento del ruolo” da parte di Fini, spiegando che ”non puo’ accedere alla richiesta” perche’ verrebbe a crearsi ”un condizionamento nello svolgimento dei compiti attribuiti al Presidente d’Assemblea, con conseguente inevitabile affievolimento del suo ruolo di terzieta’ ”.
Fini ha perso la partita ma resta attaccato alla poltrona che ha già trasformato in un pulpito di Masaniello. Difficile non leggere la lettera di Fini anche come una risposta alle parole di Silvio Berlusconi che lo accusa di non essere ”super partes” e difficile anche non dare ragione a Berlusconi dopo avere assisito ai comportamenti degni della matrice politica di Fini ma non consoni alla carica da lui ricoperta.
Accusa alla quale il leader di Fli replica indirettamente, con frasi lasciate cadere parlando con i suoi più vicini e riportate dalle agenzie: : ”Berlusconi ha una visione patronale delle istituzioni”.
Fini poi accuserebbe anche Berlusconi di ignorare “che in passato autorevoli esponenti di opposizione hanno ricorperto il ruolo di presidente della Camera”. Gli autorevoli esponenti si chiamavano Sandro Pertini, Pietro Ingrao, Nilde Iotti: avevano ottenuto l’incarico in base a precisi accordi di partito e non per dei mezzi colpi di stato, ancorché di stato-partito, non erano i numeri uno del Psi o del Pci da cui provenivano e non hanno mai utilizzato la carica per azioni politiche esplicite e sguaiate, in diretta tv, anzi, dopo essersi insediati, si sono comportati come dei rigorosi notai.
Sulla stessa linea si è tenuto Luciano Violante, che pure, sotto sotto, ha condotto azioni di parte, ma lo ha fatto con grande eleganza e abilità, e si è tenuta anche Irene Pivetti, che in una fase successiva della sua vita si è mutata anche in donna ragno ma che, durante la sua tenuta a Montecitorio, ha fatto da decoroso contrappeso alle esibizioni un po’ imbarazzanti del primo Bossi in canottiera.
A Fini ha replicato Berlusconi, nel corso del tradizionale appuntamento di fine anno con la stampa, a proposito della opportunità delle dimissioni di Fini: ”La risposta è nella domanda. Il presidente della Camera deve esser ‘super partes’ e questo non e’ stato. Soprattutto ora, dopo che è passato ad essere leader di un partito che e’ si e’ collocato all’opposizione”. Nella sua lettera Fini fa capire di non volersi tirare indietro ed anzi sfida Lega e Pdl: ”Ove si intenda promuovere un dibattito in termini generali sul ruolo e sulle funzioni del presidente di Assemblea parlamentare nel nostro ordinamento – scrive – ciò può0 senz’altro aver luogo, attivando gli specifici strumenti previsti a tale scopo: in particolare attraverso la presentazione di apposite iniziative di riforma costituzionale o di modifica al Regolamento”.
Immediata la reazione del Carroccio: ”Con la lettera – afferma Reguzzoni – Fini ha fatto un autogol, dimostrando che sulla vicenda il suo ruolo e’ tutt’altro che neutrale. Comunque la risposta non evitera’ ne’ il confronto in conferenza dei capigruppo, ne’ tanto meno il dibattito in Aula”.
Con Fini si schiera tutto il Fli. Per Berlusconi, sottolinea Italo Bocchino, ”non essere super partes significa piegarsi come accade al presidente del Senato. Prima di giudicare il comportamento di Gianfranco Fini, presidente della Camera, Berlusconi farebbe bene a rivedersi per decine di volte la scena isterica di Rosi Mauro: quelli sono comportamenti non super partes”.