Flat tax, si scoprono gli altarini. L’ex ministro Tria: “Io l’ho preparata, Salvini l’ha bloccata”

Giovanni Tria: "Fu Salvini a bloccare la flat tax"
L’ex ministro dell’Economia Tria con Matteo Salvini (Ansa)

ROMA – Che la grancassa leghista sulla flat tax suonasse a vuoto era più di un sospetto. Ora ci pensa un protagonista dell’effimera stagione della tassa piatta che poi piatta non era, a rivelarne la natura esclusivamente propagandistica.

“La Lega decise di non vararla per fare quota 100”

“Io volevo fare la flat tax l’anno scorso – ha rivelato Giovanni Tria a margine della conferenza ‘Progressivism, Socialism, Nationalism’, organizzata dal Center on Capital and Society della Columbia University -, ma è stata la Lega che ha deciso di non vararla, per fare invece quota 100”. La parola di Tria contro quella di Salvini. Riavvolgiamo il film del governo fino agli ultimi fotogrammi del fu Conte 1: a fine luglio 2018 Salvini poteva ancora minacciare il suo ministro dell’Economia.

“Se pensa di fare una manovra economica da robetta, una manovricchia, non sarà il nostro ministro dell’Economia”, tuonava all’indirizzo di Tria. Che nello stesso giorno alle parti sociali aveva annunciato “una flat tax che significa semplificazione di aliquote e, quanto più possibile, riduzione della pressione fiscale su questa fascia di redditi”. Che poi è quanto ha confermato Tria nell’uscita di oggi.

“Mai visto sul tavolo altri progetti”

“Stavo lavorando sulla riduzione delle aliquote, abbassare l’Irpef per i redditi medi e medio bassi, che è quello di cui si continua a parlare – ha proseguito Giovanni Tria -. Poi alcuni la chiamano riduzione del cuneo fiscale, altri flat tax, ma è un fatto nominalistico. Per flat tax si è sempre inteso questo: non ho mai visto sul tavolo altri progetti”. 

In sostanza, date le risorse (compresi gli avventurosi sforamenti del deficit al dunque precipitosamente ritirati) limitate, il Capitano in pubblico issava la bandiera della tassa piatta, nella stanza dei bottoni schiacciava tutto tranne quello giusto. Non un piano fiscale credibile, non una copertura finanziaria certa, solo uno specchietto per le allodole, uno slogan utile al massimo a procurarsi l’alibi per far cadere il governo. Il nemico di Salvini non era il suo ministro dell’Economia, non i poteri forti, non l’Europa matrigna. Il nemico di Salvini era la realtà. (fonte La Stampa)

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