Con una lettera-denuncia al ministro Renato Brunetta si consuma l’addio di Pietro Micheli dalla Civit, la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche. La “guerra ai fannulloni” dichiarata dal ministro Bunetta perde così una delle persone che hanno un ruolo di primo piano nell’attuazione della riforma.
Micheli si è dimesso due giorni fa e torna a lavorare all’estero: era uno dei 5 membri nominati a dicembre 2009, arrivato apposta dalla Gran Bretagna, dove era consulente del corrispettivo organismo inglese. Va via perché “non credo vi siano più i presupposti per lavorare” spiega accusando: “A dispetto dei risultati iniziali, i difetti nell’impianto e i gravi difetti nel modo in cui sta essendo attuata, rischiano di far naufragare la riforma”.
Nelle sue parole c’è il rammarico di chi ha trascorso 150 giorni per il Paese a parlare con dipendenti e amministratori, spiegare il testo, scrivere documenti e che oggi ritiene come la nota “autorità anti-fannulloni” rischia di perdere la partita perché non ha margini d’azione. “La mia valutazione attuale – si legge – è che i limiti stiano prevalendo sul cambiamento e i vizi di un sistema da riformare non siano stati affrontati in modo corretto e con l’intensità di energie politiche e risorse economiche che la sfida richiede”.
Sotto accusa l’impianto della riforma costruita sui cardini della performance e della valutazione e i poteri della Commissione – finita nella bufera quando il presidente Antonio Martone, anche se non indagato, è rimasto coinvolto nell’inchiesta sull’eolico e la nuova P3 – , che deve indirizzare, coordinare e sovrintendere alle valutazioni dei dipendenti pubblici e garantire la trasparenza delle amministrazioni. Dopo il consenso della campagna anti-fannulloni, la riforma si è concentrata sulla “performance individuale” dei dipendenti. Premi e sanzioni ne sono stati il fulcro, ma le risorse per i primi sono state azzerate dalla legge di stabilità. L’assenteismo si è ridotto, ma “ha finito per deprimere la reputazione e il senso di appartenenza di tanti” denuncia Micheli.
La Commissione non ha potere ispettivo né sanzionatorio spiega ancora Micheli, che racconta come in Gran Bretagna, una struttura simile alla Civit abbia un organico di 800 persone contro le 12 di quella italiana, senza sede propria e ospitate dagli uffici dell’Aran.
La commissione poi è indipendente solo sulla carta: “Le ingerenze della politica sono fortissime – racconta Micheli – ha un budget di 8 milioni di euro l’anno: la metà va a progetti vagliati da Brunetta e dal ministero dell’Economia. Oltre alle pressioni su come usarli, i fondi stanziati per il 2010 non sono ancora allocati”. Ruolo e compiti si sovrappongono a quelli di altri soggetti che interagiscono con la PA, come la Ragioneria dello Stato.
La commissione è infine formata non da manager ma da giuristi la cui indipendenza è minata dal fatto che “il governo si riserva di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività”.