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Da buttafuori a tesoriere, passando per lauree false: ascesa di Belsito

di luiss_vcontursi |4 Aprile 2012 12:13

Francesco Belsito alle selezioni di Miss Padania (Foto LaPresse)

ROMA – Da buttafuori nelle discoteche della riviera ligure ad autista di un ministro, da Forza Italia alla Lega Nord, dalla “finanza creativa” e le lauree false alla tesoreria di un partito: questa l’ascesa di Francesco Belsito, tesoriere dimissionario del Carroccio indagato per truffa ai danni dello Stato, riciclaggio e appropriazione indebita nella gestione dei rimborsi elettorali del movimento. Considerato vicino alla famiglia di Umberto Bossi, Belsito è nato a Genova nel 1971, ed è una figura controversa nella Lega. Ha infatti conquistato più le pagine della cronaca che quelle della politica da quando nel 2002 è entrato nel movimento fino a diventare, appunto, tesoriere nel 2009 e sottosegretario alla Semplificazione normativa con il ministro Roberto Calderoli.

Prima di abbracciare la causa ‘padana’, Belsito era uomo di Forza Italia in Liguria, dove era l’autista-collaboratore dell’ex ministro della Giustizia Alfredo Biondi. Poi, dieci anni fa, il passaggio sotto le insegne di Alberto da Giussano nella scia di Maurizio Balocchi, tesoriere e poi sottosegretario all’Interno e alla Semplificazione, di cui avrebbe preso il posto alla sua scomparsa. Di Belsito, conosciuto negli anni soprattutto per le due lauree “fantasma” anglomaltesi e per aver posteggiato la sua Porsche Cayenne in spazi riservati alle Forze dell’Ordine, i militanti ricordano soprattutto il caso scoppiato lo scorso gennaio, quando venne alla luce che il segretario amministrativo aveva investito circa 7 milioni di euro di rimborsi elettorali del partito in fondi all’estero, in particolare in Tanzania, a Cipro e in Norvegia.

”Regolari investimenti”, si era difeso il diretto interessato di fronte alla base (e a qualche alto dirigente della Lega) che chiedeva conto di quelle operazioni finanziarie ritenute spericolate ”mentre alle sezioni mancano i soldi per pagare le bollette”. L’ironia sugli investimenti in Tanzania conquistò i cartelli e gli slogan dei leghisti nella manifestazione del 22 gennaio contro il governo a Milano. Episodio che ha proiettato Belsito sotto i riflettori come uomo del ”cerchio magico” vicino a Bossi (che lo ha difeso in passato come ”un buon amministratore”), ma inviso ai ”barbari sognanti” di Roberto Maroni, che proprio all’esplodere del caso Tanzania hanno apertamente contestato la gestione amministrativa del partito. Gestione sulla quale è stata in seguito aperta una verifica portata sino di fronte al Consiglio federale.

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