Ft e Wsj: Bersani non vince, Berlusconi fa paura, Monti non è la soluzione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Febbraio 2013 - 07:59| Aggiornato il 16 Luglio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pier Luigi Bersani non vince, Silvio Berlusconi fa paura e Mario Monti non è più “quello che risolve i problemi”. Da New York, da Londra e da Berlino lo sguardo verso le elezioni italiane è sempre più preoccupato. Sul Financial Times, il giornale della City londinese, il tedesco Wolfgang Münchau disegna uno scenario poco rassicurante.

A Bersani, prevede Münchau, potrebbe succedere quello che è successo a Romano Prodi nel 2006: vincere di poco, troppo poco per riuscire a governare. Al Senato si arriverebbe a stento alla maggioranza solo se Bersani si alleasse con Monti. Ne verrebbe fuori un governo eterogeneo che comprende da Vendola a Casini, una maggioranza se è possibile ancora più disunita dell'”Unione”, che non durò nemmeno due anni, senza i numeri per fare riforme strutturali.

Oltretutto chi va al governo ci arriva nel mezzo della peggiore recessione degli ultimi decenni. Il Pil del 2012 segna un meno 2,7% e il periodo ottobre-dicembre è stato il sesto semestre di calo consecutivo del prodotto interno lordo: non succedeva dal 1992-93, ovvero dalla fine della prima Repubblica. Secondo Münchau è il risultato della politica di austerity del governo Monti, la mazzata finale su un’economia già in recessione. “Una delle previsioni più sicure che si possono fare sulle elezioni italiane è che la coalizione di Monti arriverà ultima fra i quattro maggiori contendenti”.

Mentre l’editorialista del Financial Times riconosce, con una certa preoccupazione, che Berlusconi ha dimostrato ancora una volta la sua abilità in campagna elettorale. Difficile che vinca, ma formerà sicuramente un’opposizione anti-austerity e anti-euro, robusta numericamente e compatta: un problema in più per il futuro governo che si prospetta fragile e diviso. A proposito della sua riscossa inaspettata, è interessante osservare l’imbarazzo dei tedeschi verso un personaggio che ormai davano per politicamente defunto. Il New York Times del 20 febbraio (“Germans battle Berlusconi surge”) riporta l’oscillante contegno dei politici tedeschi.

A settembre, Angela Merkel tratteneva a stento le risate quando le domandavano se temeva un ritorno di Berlusconi a qualche importante ruolo di governo. Risate che qualche mese dopo devono essere ricacciate indietro, così come le dichiarazioni più avventate di uno Scha♀ble (“Il mio consiglio agli italiani è di non fare lo stesso errore rivotandolo”): oggi, ogni dichiarazione contro, aumenta il suo appeal populista. E quel “culona” di Berlusconi riferito a Merkel, che il NYT generosamente occulta dietro una innocua perifrasi, sarà anche un motivo di biasimo ulteriore, ma fa sempre gioco alla campagna populista contro la tedesca di ferro che ha imparato l’austerità alla scuola del comunismo della Germania Est.

Un altro politico che si è dimostrato molto abile in campagna elettorale è Beppe Grillo, che secondo Münchau non è da sottovalutare sia come percentuali che prenderà alle urne sia come stratega. Altro fattore da non prendere sotto gamba è  il grosso numero degli indecisi che a pochi giorni dal voto potrebbero cambiare il risultato in ogni direzione.

Münchau rimpiange la mancata vittoria di Matteo Renzi alle primarie del centrosinistra: “L’Italia adesso potrebbe essere a un passo dalla vittoria di una sinistra moderna – che credo sia l’unica costellazione nel cielo della politica italiana che sia capace di mettere in pratica il giusto mix di politiche: riforme strutturali senza austerity”. L’editoriale si chiude così: “Mr Bersani, however, had the party apparatus behind him, and defeated Mr Renzi. Mr Bersani seemed to be a safe, reasonable choice. Mr Monti did too. But remember, so did Mr Prodi in 2006”.

Se il Financial Times è preoccupato per una vittoria non netta del centrosinistra, il Wall Street Journal si spinge più in là, arrivando a ipotizzare una vittoria di Berlusconi:

“L’Europa e il mondo si stanno chiedendo cosa c’è che non va in Italia. Come è possibile che Silvio Berlusconi sia in grado di vincere alle elezioni? Le sue politiche sono state devastanti per l’Italia. È stato presidente del Consiglio in otto degli ultimi 11 anni. In questo periodo, il Pil pro-capite italiano è calato del 4%, il debito pubblico è salito dal 109% al 120% del Pil e la pressione fiscale è aumentata dal 41,2% al 43,4% […] Come può essere che gli italiani votino ancora per Berlusconi? Sfortunatamente, la risposta è che le alternative non sono così migliori rispetto a lui”.

L’articolo è durissimo su Mario Monti: “Gli italiani non hanno paura dei sacrifici. Nell’ultimo anno i sondaggi d’opinione erano favorevoli al governo di Monti, che ha tassato gli italiani, poi li ha tassati, quindi li ha tassati ancora. Ma ora gli italiani non trovano convincente Monti come politico candidato premier. All’improvviso si è messo a giocare lo stesso gioco di Berlusconi: promette di tagliare le tasse e rinnega le riforme che lui stesso ha approvato. Ha formato una coalizione con alcuni personaggi fra i peggiori dello zoo della politica italiana”.

Ce n’è anche per Bersani, accusato di voler “tassare e aumentare la spesa pubblica come se non ci fosse un domani”, capo di un partito “figlio del Partito Comunista” sulla cui diversità morale il caso Monte dei Paschi ha fatto cadere ogni illusione.

Alla fine, si chiede l’economista Luigi Zingales, che ha scritto questo editoriale il giorno prima di lasciare “Fermare il declino” di Oscar Giannino, perché gli italiani non dovrebbero scegliere, fra le opzioni disastrose che si prospettano loro, il “diavolo che già conoscono”, ovvero Berlusconi?