“Fuori chi fa politica”: l’Anm riscrive le regole

ROMA, 18 OTT – Fuori dal parlamentino delle toghe chi fa politica, anche negli enti territoriali, o accetta incarichi di vertice nei ministeri o, ancora, sceglie di candidarsi al Csm. E soprattutto chi e’ coinvolto in centri di potere affaristico.

Sull’onda dello scandalo della P3, ma anche delle polemiche sui magistrati in politica o negli enti locali, l’Associazione nazionale magistrati prepara una stretta con nuovi casi di incompatibilita’ e decadenza per i componenti del proprio parlamentino (il Comitato direttivo centrale) e delle giunte esecutive sezionali. E ha per questo convocato per sabato prossimo l’assemblea generale di tutti i 9 mila giudici iscritti: sara’ infatti una maggioranza qualificata, di due terzi, a decidere le nuove regole.

Oggi lo Statuto dell’associazione stabilisce una serie di incompatibilita’ che intervengono soltanto al momento dell’ l’iscrizione (non puo’ ottenere la tessera dell’Anm chi ha in tasca quella di un partito o assume incarichi partitici o appartiene ad associazioni riservate). E prevede solo per i propri vertici la decadenza se decidono di candidarsi alle politiche o alle amministrative. Norme che ora appaiono troppo blande. Sul tavolo ci sono due proposte alternative.

Quella di maggioranza (in Commissione regolamento ha ottenuto 7 voti contro i 2 andati alla concorrente) stabilisce che non puo’ far parte del Comitato direttivo centrale e delle giunte piu’ importanti chi nei tre anni precedenti alla data fissata per il rinnovo di questi organi abbia ricoperto ruoli di diretta collaborazione con un ministro, o fatto parte del Governo o del Parlamento o abbia svolto incarichi negli enti pubblici locali. Se invece l’incarico ministeriale o politico in senso largo viene accettato a elezione gia’ avvenuta all’Anm, interviene la decadenza. Presidente e segretario ”si impegnano” inoltre a non candidarsi al Csm non solo durante il mandato ma anche nei tre anni successivi.

Piu’ drastica la proposta di minoranza: innanzitutto chiede di mettere anche il ”coinvolgimento in centri di potere affaristici” tra le cause che rendono incompatibile l’iscrizione all’ Anm; ma soprattutto stabilisce l’impossibilita’ (sanzionata con la decadenza) per tutti i componenti del parlamentino, della giunta esecutiva centrale e di quelle sezionali, di candidarsi alle elezioni politiche, amministrative e a quelle per il rinnovo del Csm, di accettare incarichi apicali non solo di ministeri, ma anche di organismi internazionali, organi costituzionali e autorita’ indipendenti.

Un divieto valido non solo durante il mandato ma sino a 5 anni dopo e che vuole impedire che l’esperienza all’Anm sia utilizzata come trampolino di lancio per altre attivita’ e soprattutto per l’approdo al Csm. L’assemblea potrebbe segnare anche una svolta ”rosa” per l’Anm: si votera’ anche sulla proposta di introdurre le ”quote di risultato”, un meccanismo per garantire che il 50% dei posti nel parlamentino dell’Anm sia destinato necessariamente alle donne.

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