Gabanelli o Rodotà al Quirinale: le due esche di Grillo a Bersani

di Emiliano Condò
Pubblicato il 16 Aprile 2013 - 19:46| Aggiornato il 20 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Prima Milena Gabanelli, “commossa” vincitrice delle Quirinarie a 5 Stelle. Subito dopo Stefano Rodotà. Beppe Grillo serve due esche a Pier Luigi Bersani. Le serve con un messaggio chiaro, un’apertura parziale e condizionata quanto si vuole, ma comunque un’apertura senza precedenti.

Grillo chiede a Bersani e quindi al Pd di votare il suo candidato al Quirinale e in cambio offre un “chissà” una “forse collaborazione”. Bersani e il Pd per ora tacciono anche se, secondo il Corriere della Sera, una fonte molto vicina al segretario avrebbe già detto che l’offerta verrà rispedita al mittente.

Qualche ora dopo Grillo precisa che “no, non c’è nessuna apertura al Pd”. Soprattutto il nuovo atteggiamento, secondo il leader di M5S non sarebbe frutto di un calcolo politico: “Non c’è alcuna apertura al Pd perché i sondaggi darebbero Berlusconi in crescita: non sono valutazioni che abbiamo fatto”. Al contrario, spiega Grillo, ”la legge sull’incandidabilità dell”uomo di cera è pronta, adesso il Pd dovrà  votarla altrimenti ne risponderà ai propri elettori e al Paese”

Resta il fatto che  Gabanelli e Rodotà soprattutto sono due esche, e pure avvelenate. Grillo, forte del risultato delle sue Quirinarie, rovescia il tavolo e fa saltare la strategia di un Pd immobile e imploso nelle sue liti interne. Fino a ieri, infatti, si pensava al contrario. Logica politica voleva che fosse Bersani a proporre un nome esca per i grillini, un Romano Prodi o chi per lui che fosse in qualche in modo capace di portare quei pochi voti a 5 Stelle che dalla quarta votazione serviranno al Pd per scegliere il suo presidente.

Ma Bersani quel nome non lo ha fatto. Anzi, non ha fatto nessun nome. Complice, certo, anche la sortita di Renzi su Franco Marini e Anna Finocchiaro, il Pd è rimasto al palo. Un pugile che se l’è suonate da solo. E nella impasse Grillo si è infilato con un cambio di regole da “politico”. Ha iniziato lui a dare al Pd i nomi facendo intravedere l’ipotesi di una trattativa. E, contemporaneamente, ha “bruciato” gli altri possibili nomi del Pd. Perché, e questo è un dato politico, Grillo propone al Pd nomi “di sinistra” e mette in difficoltà Bersani.

Se per il Pd sarà relativamente agevole dire di no a Milena Gabanelli un eventuale no a Stefano Rodotà sarebbe assai più difficile da far digerire a parte del partito e soprattutto alla maggioranza dell’elettorato democratico. Rodotà, infatti, corrisponde all’identikit del presidente che all’elettore del Pd va bene. E’ uomo certamente “di sinistra”,  non può essere in alcun modo sospettato di cedimenti a Silvio Berlusconi, è conosciuto anche all’estero. Insomma ha tutto o quasi per piacere a sinistra.

Il risultato è che comunque andrà a finire Bersani, oltre a non avere il suo governo, rischia seriamente di non avere il “suo” presidente della Repubblica. Perché al leader del Pd restano due strade: o sceglie un nome che va bene anche a Berlusconi o sceglie un nome proposto da Grillo. Un altro fallimento frutto della strategia dell’attesa a oltranza.  Per non aver fatto nomi Bersani ora è a un bivio: o sceglie di rendere “palese” e pubblico l’accordo con Berlusconi, oppure cede al candidato “imposto” da Grillo. Certo, può sempre prendere tempo. La specialità della casa.