ROMA – Gennaro Migliore, Claudio Fava, Titti Di Salvo e Ileana Piazzoni hanno lasciato Sel. Continua l’emorragia a “destra” nel partito di Nichi Vendola dopo le spaccature e i malumori che hanno portato, dopo un tormentato congresso di gennaio in cui la “sinistra” interna ha prevalso di poco, alla formazione della Lista Tsipras, nella quale Sel si è sciolta, per fare cartello con tutte le altre forze di sinistra nella campagna per le elezioni europee.
La lista ha poi raggiunto la soglia di sbarramento del 4%, ma la decisione della giornalista Barbara Spinelli di non rinunciare al suo seggio europeo (così come aveva promesso prima delle elezioni), ha sbarrato la strada del Parlamento di Bruxelles a Marco Furfaro, che sarebbe stato l’unico di Sel dei tre eletti con la lista Tsipras.
Lo smacco subito dalla Spinelli, il 40,8% preso dal Pd di Renzi e gli 80 euro di Renzi, hanno dato la stura ai malumori dei dissidenti che si sono manifestati apertamente alla prima occasione: il voto sul decreto Irpef (quello degli 80 euro), sul quale Sel ha deciso di votare per la prima volta sì insieme alla maggioranza di governo per non spaccarsi. Ma alla fine il partito si è spaccato lo stesso. Migliore prima si è dimesso da capogruppo alla Camera, poi ha abbandonato definitivamente il partito. Lo ha seguito Fava, li aveva anticipati di 48 ore un altro deputato, il salernitano Michele Ragosta.
Migliore, in una lettera inviata al presidente di Sel Nichi Vendola e ai componenti della segreteria nazionale, comunica le proprie dimissioni dal partito annunciando che, secondo gli iter prestabiliti, si dimetterà anche dal gruppo parlamentare. Ieri (18 giugno) Migliore si era dimesso da capogruppo di Sel. Spiega: “Oggi non sarò presente al coordinamento nazionale che discuterà delle mie dimissioni da capogruppo di Sel alla Camera. È una decisione che ho preso nelle ultime ore e che ha a che vedere con l’interruzione del reciproco rapporto di fiducia” dopo la discussione sul Dl Irpef.
Così Migliore ha motivato la sua decisione, in una lunghissima lettera: “Al momento del voto nel gruppo – ricorda Migliore – ho inteso rassegnare le mie dimissioni poiché non condividevo la proposta di astenerci, avanzata fin da subito dal coordinatore del partito e poi ribadita da Vendola, per poter esprimere in piena libertà il mio pensiero, ovvero che un provvedimento che contiene una misura di sostegno a 10 milioni di lavoratori, come quella degli 80 euro e altri positivi provvedimenti, dovesse far parte delle “nostre” rivendicazioni e che, se fossimo stati al governo, noi stessi avremmo promosso”.
“Successivamente – prosegue Migliore – il gruppo ha votato seguendo l’indicazione maggioritaria espressa al suo interno, a parte due astensioni motivate. Tale votazione è stata prima rivendicata e poi additata come un grave errore politico, fino al punto di accusare il gruppo stesso di ‘sequestrare la linea del partito’. Mi chiedo – aggiunge – cosa si intenda per “sequestro della linea”, visto che di un singolo provvedimento si stava discutendo e che si era appena votata la sfiducia. Inoltre, vista la immediata sanzione della “gravità” del voto favorevole, resta difficilmente comprensibile il motivo per cui tutti l’abbiano votato”.
“Per me si è rotto ieri un vincolo di fiducia e quindi ho definitivamente compreso quanto sarebbe stata “inagibile” una posizione politica dentro il mio partito se essa fosse stata continuamente letta alla luce di una profezia che si auto avvera. Non è giusto che tale fibrillazione permanente “disorienti” i militanti, che sono la prima risorsa di Sel, e nel corpo largo del partito. Non è nemmeno giusto che la mia posizione venga descritta da alcuni come quella di un sabotatore”, spiega Migliore che dice di non aver cambiato posizione “sulla necessità di interloquire sempre più efficacemente con il governo Renzi” nè “sul fatto che in prospettiva Sel possa essere parte di una soggettività politica unitaria” o “nel ritenere che sia questo il momento per provare a incidere, pur nella consapevolezza dei nostri oggettivi limiti, nella battaglia anti austerità, che vede l’Italia come unico paese che, dopo le elezioni europee, non ha visto crescere le forze populiste e anti europeiste”. “Ho però cambiato idea, ieri definitivamente, sulla possibilità che mie posizioni siano compatibili con l’appartenenza al nostro partito. Mi fermo prima. Prima che qualcuno mi chieda improbabili ‘riallineamenti’. Prima che alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea. Perciò rassegno le mie dimissioni irrevocabili dal coordinamento nazionale, da tutti gli organismi in cui sono stato eletto e dal partito stesso”.
Anche Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia, ha comunicato oggi pomeriggio al presidente di Sel, Nichi Vendola, le proprie irrevocabili dimissioni dal partito.
“Caro presidente – scrive Fava nella lettera a Vendola – ti comunico la decisione di dimettermi da Sinistra Ecologia e Libertà. Una scelta dolorosa e insieme inderogabile. Dolorosa per chi, come me, ha immaginato, fortemente voluto e partecipato alla fondazione di Sinistra Ecologia e Libertà. Inderogabile per la distanza che ormai separa SEL dal suo progetto originario”. “La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi – sottolinea il deputato – ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo. Abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario. Una marginalità che ci rende inadeguati rispetto all’ambizione che c’eravamo dati: costruire una forza autonoma della sinistra impegnata in un cambiamento del paese e nella ricostruzione di uno spazio politico largo, plurale, responsabile”. Fava prosegue spiegando che “sono venute meno le condizioni per continuare questa strada insieme. Permettimi solo di chiarire, anticipando il florilegio di interpretazioni che questa decisione raccoglierà, che questa non è una scorciatoia verso altri partiti. La differenza che tu proponi oggi sui giornali tra “renziani” e “non renziani” è una semplificazione ingenerosa e grossolana. La scelta, per me, non è tra la rassegnazione a una deriva minoritaria in cui non mi riconosco più e l’adesione a un’altra forza politica: esiste anche il primato della propria coerenza e soprattutto della propria autonomia. Senza alcuna subalternità nei confronti di nessuno”.
Per Fava il passaggio in Europa dal PSE al GUE è stato un cambio di rotta irresponsabile: “Considero gravi le dichiarazioni del presidente di Sinistra Ecologia e Libertà Nichi Vendola e del coordinatore nazionale Nicola Fratoianni: chiedere agli eletti al Parlamento europeo di Sel nella lista Tsipras di iscriversi al gruppo della GUE piuttosto che a quello del PSE rappresenta un cambio di rotta irresponsabile, mai discusso nel partito, che muta profondamente la natura stessa di SEL. Per anni abbiamo considerato il campo del socialismo europeo il luogo naturale in cui collocare la nostra battaglia politica per cambiare in senso più democratico e partecipato le istituzioni europee. Per anni abbiamo considerato quel campo il terreno naturale per la nostra proposta politica. Adesso scopriamo a mezzo stampa che da quel campo siamo definitivamente usciti. Vendola e Fratoianni oggi a Bruxelles hanno parlato a titolo personale”.
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