Gianfranco Fini, l’eclissi. Fli dissolta, i suoi verso FdI e lui che fine fa?

di Daniela Lauria
Pubblicato il 7 Maggio 2013 - 09:36| Aggiornato il 16 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Dopo il flop elettorale di Gianfranco Fini non si avevano più notizie. L’ultima apparizione ai primi di marzo, quando ha fatto mea culpa, dichiarando l’ora del decesso di Futuro e Libertà e assumendosene le responsabilità. Non si è presentato neppure ai funerali del vecchio amico-nemico Teodoro Buontempo. Ha incontrato la famiglia riservatamente. Per il resto è sparito dalle scene, spina staccata: chi ha provato a raggiungerlo al telefono lo ha trovato spento.

Inquieti, gli uomini di Fli hanno atteso, mentre un partito precipitato allo zerovirgola andava spegnendosi. E poi che si fa? L’idea sarebbe quella di riunire le anime in pena della destra sotto lo stesso tetto. Scrive Francesco Grignetti sul quotidiano la Stampa che i colonnelli hanno ripreso i contatti coi Fratelli d’Italia, di Ignazio La Russa e Giorgia Meloni. Un ritorno all’ovile per gli ex finiani, tutti fuoriusciti da An. Il motore è Roberto Menia, forse l’ultimo colonnello finiano. Si incontra con Domenico Nania, mentre Aldo Di Biagio parla con La Russa e Rampelli. Fini lascia fare.

Ma per lui questa strada, neanche a dirlo, non è percorribile. Per questo, dopo il mea culpa, medita un passo indietro e lascia circolare la voce di voler lanciare una sua Fondazione per fare politica, ma da lontano. Una separazione consensuale che dovrebbe concretizzarsi già domani, 8 maggio, quando sarà annunciato il semi-scioglimento ufficiale e il passaggio di consegne a quel triumvirato che sta organizzando il riparo per i reduci: Roberto Menia, Aldo di Biagio e Daniele Toto.

In cantiere c’è pure una confluenza in una Cosa di Destra, con il partito di Francesco Storace. Con l’occasione, scrive Grignetti, si chiuderebbe pure il contenzioso sull’eredità degli ex missini a proposito della Fondazione Alleanza Nazionale che conserva il patrimonio immobiliare, gli archivi, la cassaforte residua e il Secolo d’Italia, che furono di Msi.