Giorgio Napolitano: “Il 1° maggio va chiamato allarme lavoro”

Giorgio Napolitano: "Il 1° maggio va chiamato allarme lavoro"
Giorgio Napolitano (Foto LaPresse)

ROMA –  “Se volessimo dare un nome alla celebrazione di questo primo maggio, dovremmo forse dire ‘allarme lavoro'”. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo ha detto nel suo discorso al Quirinale in occasione della Festa del Lavoro.

Napolitano ha dichiarato:

“Non è eccessivo parlare di allarme lavoro e per questo motivo oggi serve il massimo di reazione in termini di riforme e di politiche pubbliche, di impegno delle imprese e delle organizzazioni sociali”.

Il presidente della Repubblica ha poi aggiunto di non esprimersi “sul merito” dei provvedimenti all’ordine del giorno, ma sul tema del lavoro

“il confronto è fisiologico e il dissenso pienamente libero di esprimersi: ma le scelte conclusive non possono tardare a lungo”.

I sindacati hanno “un ruolo essenziale” ma oggi, nel momento di crisi, sono chiamati

“a concorrere alla ricerca di soluzioni solidaristiche e innovative coraggiose e determinate”.

Per raggiungere gli obiettivi europei per il mercato del lavoro bisogna porre in atto,

“anche in Italia, a ripensamenti non da poco nei nostri sistemi di garanzia del benessere della protezione sociale”.

Napolitano ha poi sottolineato:

“Si impongono riforme razionalizzatrici, dal mercato del lavoro al sistema tributario, e politiche severe di impiego trasparente e produttivo del denaro pubblico, incidendo su sprechi, corruzione, privilegi e parassitismi. No, non è eccessivo parlare di allarme lavoro. Bisogna dire le cose come stanno per suscitare il massimo di reazione in tutti i sensi, non certo per abbandonarsi allo scoramento”.

Il capo dello Stato ha molto insistito sulla necessità di reagire, di fare riforme e di azionare “politiche pubbliche”:

“L’opposto della rassegnazione, del fatalismo, e anche dell’ordinaria amministrazione, della pigra e lenta routine burocratica”.

Napolitano ha portato poi l’attenzione sulla disoccupazione al Sud:

“Si presta troppa poca attenzione alla allarmante situazione della disoccupazione nel Mezzogiorno, soprattutto quella femminile e giovanile. Dall’inizio della crisi il sud ha perso in termini relativi, rispetto al nord, il doppio dell’occupazione. E la disoccupazione giovanile è al 21% nel nord, al 27% nel centro e al 42,9% nel Mezzogiorno”.

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