Giulia Bongiorno sempre più nel mirino del cavaliere. L’avvocato cassazionista e presidente della commissione giustizia di Montecitorio, 44 anni, divenuta nota quando a soli 28 anni difese Giulio Andreotti, siede in parlamento come alter ego di Fini. Sulle intercettazioni e sulla prescrizione breve le posizioni tra lei e il premier sono state sempre molto distanti.
La Bongiorno si sarebbe “guadagnata” l’antipatia di Silvio Berlusconi («crea sempre dei problemi», «levatemela dai piedi» avrebbe detto in diverse occasioni) essendo quella che ha mandato più volte in fumo i programmi del presidente del Consiglio.
Berlusconi spingeva per soluzioni radicali che tenessero fuori dalle intercettazioni il reato di corruzione, lei gli rispondeva che il malaffare non viene a galla senza le registrazioni; lui insisteva per azzerare con la “prescrizione breve” migliaia di processi anche sulla corruzione, lei replicava che sarebbe stata un’amnistia mascherata.
La prima questione di rottura verteva quindi sul reato di corruzione.
L’ulteriore dispiacere dato al Cavaliere fu quando la Bongiorno, in una lettera al presidente dell’ordine dei giornalisti, annunciò che un «divieto totale di pubblicazione di atti giudiziari fino alla conclusione delle indagini avrebbe azzerato qualsiasi forma di conoscenza nelle prime fasi dell’attività giudiziaria relativa a delitti di allarme sociale». E dunque preannunciò alcune correzioni poi inserite al testo per attenuare il «bavaglio alla stampa».
Ma lo scontro più forte tra B & B si consumò a Montecitorio il 10 novembre 2009, all’indomani della bocciatura del Lodo Alfano da parte della Consulta. La presidente della commissione Giustizia affiancava Fini in un faccia a faccia giudicato come uno dei più tesi tra il premier e il presidente della Camera.
Berlusconi si presentò con due testi, uno sul “processo breve” e l’altro sulla “prescrizione breve”. Il premier li voleva entrambi, in particolare il secondo, che avrebbe chiuso una volta per tutte i suoi processi in corso. Il Quirinale era in allarme, perché si prospettava la morte di circa 600 mila processi. La Bongiorno obiettò a Berlusconi qurello che in tanti, anche nel Pdl, pensavano ma non dicevano: serebbe stata un’amnistia. E per di più con dentro la corruzione.
Come spiegarla agli italiani? Fini e la Bongiorno fecero muro: «Danneggerebbe i cittadini, non si può fare». E il cavaliere incassò soltanto il “processo breve”, che però dopo l’approvazione al Senato è rimasto bloccato in commissione giustizia alla Camera. Da questo ennesimo episodio per Berlusconi Giulia Bongiorno divenne “l’antipatica”.