Governo. 200 poltrone di larghe intese: nuovo metodo, vecchi pizzini

Governo. 200 poltrone di larghe intese: nuovo metodo, vecchi pizzini
Governo. 200 poltrone di larghe intese: nuovo metodo, vecchi pizzini

ROMA – Governo. 200 poltrone di larghe intese: nuovo metodo, vecchi pizzini. Come procederà il governo delle larghe intese a nominare circa duecento amministratori già a giugno, tra società pubbliche, vertici di controllate, agenzie nazionali, consorzi, Fondazioni, autorità e istituti di ogni genere? Il “pizzino” che il segretario Pd Epifani è stato sorpreso rigirarsi fra le mani dopo un incontro con il suo predecessore Bersani (il Corriere della Sera l’ha immortalato decifrandone parzialmente il contenuto) non autorizza aspettative entusiasmanti circa un’assegnazione di incarichi ispirate solo al merito.

Che ne è invece del metodo per la ricerca dei nomi di piazzare nei cda di Finmeccanica, Ferrovie, Cassa Depositi e Prestiti, Sogin, Sace ecc.., ognuna con le sue diramazioni che moltiplicano all’infinito poltrone e stipendi? Un assaggio del nuovo corso spartitorio è stata la scelta dei nomi per i senatori presidenti di Copasir, Vigilanza Rai e Giunta per le immunità, nella tradizione parlamentare appannaggio delle opposizioni.

La scelta è caduta rispettivamente su un leghista (Stucchi), un grillino (Fico) e un senatore di Sel (Stéfano): è stato un vertice dei capigruppo Pd e Pdl a stabilire la griglia. I due strani alleati si sono assicurati e divisi i posti in platea e galleria e si sono incaricati di assegnare anche gli strapuntini in loggione, senza consultare o trattare con le opposizioni.

E’ la lottizzazione al tempo delle larghe intese, tempo in cui anche l’immarcescibile manuale Cencelli appare superato. E nemmeno l’esempio del governo Monti, test inaugurale nella sperimentazione delle larghe intese, aiuta perché in quell’esecutivo, a parte pochissime nomine ineludibili, i partiti tiravano il freno congelando gli organici in essere in attesa di tempi migliori. Oggi che il governo Letta deve decidere, intervenire, mostrare un profilo “politico”, dalle segreterie dei partiti rispuntano i foglietti riservati per spartire posti e piazzare nomi.

Ovvio che la partita sia decisiva perché importante per i duellanti è mettere le mani sul braccio finanziario pubblico per indirizzare le scelte di politica economica. Maurizio Gasparri del Pdl ha avuto buon gioco nello stigmatizzare “l’aspirante lottizzatore” Epifani ma la questione posta di metodo e trasparenza riguarda più “un’equa spartizione” (Il Fatto) che un indirizzo di buon governo fondato sulle capacità.

Soprattutto, se in ballo ci sono i pezzi più pregiati delle società di Stato, il cosiddetto motore finanziario pubblico, (racchiuso in parte nella Cassa depositi e prestiti), come la Sace (10 membri tra cda e collegio sindacale), il Fondo italiano di investimento (un presidente, 10 consiglieri, un ad e un collegio sindacale con un presidente due sindaci effettivi e due supplenti) la Sogin (5 esponenti in cda), o le controllate del Tesoro: Sicot, Mefop e soprattutto Finmeccanica e Ferrovie dello Stato. Solo per quest’ultima, oltre alla capofila, ci sono in scadenza altre tre controllate: della decina di società che «governa» (in totale poco meno di un centinaio di amministratori) RFI (Presidente uscente Dario Lo Bosco, amministratore delegato Michele Mario Elia), Fercredit (Presidente Clemente Carta, ad Luigi Lenci) e Italfer (Presidente Maria Rita Lorenzetti, ad Renato Casale). (Paolo Festuccia, La Stampa 2 giugno).

Per dire, rischiano il proprio posto Alessandro Pansa a Finmeccanica (nominato da Monti per risolvere la grana Orsi) e Franco Bassanini presidente di Cassa Depositi e Prestiti o il vertice di Sogin (la società di smaltimento scorie nucleari). In attesa (magari in qualche altro consiglio di amministrazione) che il gioco della sedia torni di moda dopo l’immobilismo forzato dell’era Monti, ci sono l’ex ambasciatore Castellaneta (oggi alla Sace), l’ex sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi segreti, Gianni De Gennaro, l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini.

In lizza per un cambio ai vertici ci sono Invitalia, Mefop (sviluppo fondi pensione), Sicot (società di supporto e consulenza del Tesoro).  Con la consapevolezza che il nuovo equilibrio terremota abitudini consolidate e vecchie pratiche. Perché, “ora la quadra appare più complicata da trovare. Tutti rivendicano titoli per chiedere tutto, ” come sintetizza un parlamentare navigato addetto alla spola tra governo e partii.

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