Governo di minoranza, significato e precedenti in Italia: difficile per Conte andare avanti così Governo di minoranza, significato e precedenti in Italia: difficile per Conte andare avanti così

Governo di minoranza, significato e precedenti in Italia: difficile per Conte andare avanti così

Governo di minoranza per Conte: ok, ma che vuol dire? Il governo Conte ha raggiunto quota 156 al voto di fiducia in Senato. Questo vuol dire che non ha un governo di maggioranza (per quello ci vogliono 161 voti a Palazzo Madama). E da più parti (anche su qui su BlitzQuotidiano) abbiamo letto che 156 voti vuol dire governo di minoranza.

Ora proviamo a spiegare cosa vuol dire governo di minoranza. E perché sarebbe stato così importante per Conte raggiungere 161 voti ieri in Senato. Partiamo da un presupposto: quel numero gli avrebbe risparmiato almeno un viaggio al Quirinale per andare a rendere conto a Mattarella. E spiegare al capo dello Stato come è in grado di continuare (se il governo è effettivamente in grado di andare avanti).

Governo di minoranza, ovvero maggioranza relativa

Il governo di minoranza si verifica quando l’esecutivo in carica non ha la maggioranza dei voti assoluti in una delle due camere (o in entrambe). In questo caso al Senato (stando all’ultimo voto di fiducia). Quindi, teoricamente, non è in grado di far passare le proprie proposte e le proprie mozioni. Teoricamente.

Perché in realtà questo dipende dall’opposizione. Se l’opposizione si astiene durante le votazioni (o esce dall’aula), può permettere alla maggioranza di avere la maggioranza (perdonate il gioco di parole). Ma per quanto può durare realisticamente questo “gioco”?

Conte può sopravvivere col governo di minoranza?

Il governo di minoranza permette a M5s, Pd e Leu (le forze che sostengono Conte, insieme a Italia Viva che però ha rotto) di sopravvivere. Sopravvivere è però ben diverso da avere una salute florida. Significa dover stare a contrattare e parlamentare per ogni virgola, vivere ogni votazione col patema d’animo di poter cadere.

La sopravvivenza del governo Conte pertanto sembra difficile. Molto difficile. Ma non impossibile. Infatti l’ipotesi di elezioni anticipate non spaventa mica solo Pd e M5s. Siamo sicuri che Renzi voglia andare al voto? La sua popolarità è al mimino storico e Italia Viva, se corresse da sola, rischierebbe seriamente di non entrare in Parlamento.

Lo stesso Salvini vuole davvero quelle elezioni che tanto rivendica? I sondaggi danno in calo anche la Lega (almeno rispetto all’exploit delle ultime Europee). E la forte ascesa di Giorgia Meloni metterebbe in bilico la (finora indiscussa) leadership salviniana nella destra sovranista.

Governo di minoranza: i precedenti in Italia

Nel 1963 il governo Leone aveva 255 voti alla Camera e 133 al Senato. L’astensione di Psi, Psdi e Pri permise al governo di andare avanti fino all’avvicendamento con Moro. A quel punto gli astenuti entrarono nel governo.

1976, governo Andreotti ter: 136 voti al Senato e 258 alla Camera. Astensione di Pci, Psi, Pli, Pri, Psdi. Il governo di minoranza andò avanti fino al 1978.

1994, governo Berlusconi: non c’era maggioranza assoluta al Senato, con 159 voti. Tra cui i senatori a vita Agnelli, Cossiga e Leone. Finì dopo 8 mesi.

1995, governo Dini: niente maggioranza assoluta alla Camera, con 302 deputati e 270 astenuti.

1999, secondo governo D’Alema: 177 voti al Senato e 310 alla Camera. Alla fine subentrò Amato che ebbe la maggioranza assoluta in entrambe le camere.

Gestione cookie