Governo Draghi, chi ci sta? Governo Draghi, chi ci sta?

Governo Draghi, chi ci sta? Conte: “Non accetterò mai di fare il ministro”. Meloni apre, poi chiede elezioni

Governo Draghi, super Mario premier, certo. Ma poi, chi lo voterà davvero, chi gli darà la maggioranza?

Mario Draghi ha sciolto la riserva, accetta l’incarico di formare un nuovo governo. Primi effetti: Grillo è riemerso dal letargo e invoca lealtà al governo Conte. L’ex premier non ha alcuna intenzione di far parte del nuovo Governo.

La Meloni prima parla di astensione che mantenere il centrodestra unito, poi chiede il voto

Aggiornamento delle 19.22 

M5s sembra orientato per votare no alla fiducia. Queste le parole del ministro degli Esteri uscente Luigi Di Maio ai gruppi M5S: “Questa mattina in molti mi avete chiesto cosa ne penso di un governo Pd-Lega a sostegno di Draghi. Staremo a vedere…”

Aggiornamento delle 18,59

Scrive l’Adnkronos che Conte ha rassicurato diversi esponenti del M5S. L’ex premier che ha avuto un incontro con Draghi avrebbe detto chiaramente che non ha intenzione di accettare alcun ministero, ove mai gliene fosse offerto uno dal presidente del Consiglio incaricato.

Giorgia Meloni ha invece chiesto agli alleati di giocare a carte scoperte proponendo un’astensione unitaria di tutto il centrodestra. La proposta è stata accolta freddamente da Forza Italia intensionata a dare la fiducia a Mario Draghi. 

La leader di Fratelli d’Italia ha poi cambiato idea invocando nuovamente le elezioni: “Sarò chiara. Non c’è alcuna possibilità di una partecipazione o un sostegno da parte di Fratelli d’Italia al governo Draghi – scrive la Meloni su Twitter – Gli italiani hanno il diritto di votare. Continuiamo a lavorare per tenere il Centrodestra unito e portare gli italiani alle elezioni. Fatevene una ragione”. 

Il concetto è stato ribadito in un intervento su La7: 

“Ho ribadito la posizione di FdI contraria a un nuovo governo, non condividiamo quello che sta accadendo, l’Italia non e’ democrazia di serie b. I cittadini hanno diritto scegliere. Ribadisco che l’unica via è il voto”.

“Il presidente del consiglio più autorevole si trova a impattare con un parlamento troppo eterogeneo per dare risposte coese ed efficaci”.

“Se ad esempio metti insieme FI e Pd che politiche verrebbe fuori sull’economia. Lo stesso si dica per la politica migratoria se metti insieme la Lega e il Pd. Io non sono favorevole alla formazione di un governo senza voto”. 

Governo Draghi, chi ci sta? Di Battista no

Draghi è l’uomo del Presidente della Repubblica per incapacità manifesta dei leader politici di indicare un nome e per impossibilità razionale di liquidare un Parlamento paralizzato ma condannato dalla pandemia a rimanere in vita artificialmente.

E’ la figura più apprezzata in Europa e dagli odiati mercati, è chiaro, e Dio solo sa se l’Italia di nuovo in crisi politica ne ha bisogno (lo spread, of course). Perché era la carta di riserva, il jolly, il santo protettore.

Ma il Parlamento, la stessa istituzione che con Draghi celebra il suo ennesimo commissariamento, e i partiti, praticamente sostituiti a metà gara per auto-consunzione, come voterà, come voteranno deputati e senatori?

Sappiamo come la pensa il grillino ribelle Di Battista che però non siede in Parlamento. Draghi è il simbolo di tutto ciò che combatte, però la sua stroncatura ci è utile per il primo abbozzo del sentiment attuale, una mappa per orientarci.

“Quel che penso è che il governo Draghi lo debbano votare, semmai i rappresentanti dell’establishment. Lo voti la Meloni che ha già detto sì, in passato, a governi tecnici e a leggi Fornero. Lo voti mezzo Pd che ha lavorato incessantemente per buttare giù Conte”.

“Lo voti Salvini, ennesimo pezzo di arredamento del ‘sistema’ mascherato. Lo voti Renzi, mero esecutore di ordini altrui. Lo voti Fi”, ha scritto su Tpi.it il Dibba.

Le reazioni del centrodestra

Bene, perfetto. Lui non apppoggerebbe il governo Draghi se votasse. E nemmeno la Meloni se è per questo: la sua linea dritta, le elezioni, è un po’ ottusa perché non le otterrà mai. Mentre i suoi alleati si muovono con passi più felpati, anche perché più manovrieri nel contribuire al precipizio del governo Conte.

E infatti: per Forza Italia un governo istituzionale e europeista è un approdo naturale, fuori dalle contorsioni sovraniste alla sua destra. Anche Salvini vuole le elezioni subito, a parole. “Non abbiamo pregiudizi nei confronti di Draghi. Vogliamo parlare di taglio di tasse e apertura dei cantieri con la prospettiva del voto”.

Vogliamo il voto subito, sempre Salvini, “ma non sprechiamo questi mesi”: più chiaro di così, poi si vedrà quando astenersi per consentire al Governo Draghi primi vagiti e sopravvivenza. 

Per questo Meloni ha prima corretto il tiro per salvaguardare l’unità: un mezzo passo indietro ma comune, ossia l’astensione concordata, prima di tornare a parlare di elezioni.

Più sfumato l’endorsement di Gianfranco Rotondi, punto di riferimento della galassia ex democristiana orfana del centro. Ottimo e abbondante Draghi, ci mancherebbe, però occhio all’austerità: “Saremo attenti affinché questo non avvenga”.

Quella storia del debito buono e del debito cattivo lo preoccupa davvero, e con lui tutti quelli che sognavano l’assalto alla diligenza del Recovery Fund. Che sono di gran lunga il partito più rappresentato.

Pd con Draghi ma Zingaretti rischia la segreteria

Mezzo Pd, diceva Di Battista. Ha sbagliato per difetto, tutto il Pd sarà unito dietro le insegne di Draghi. Ma con la fine di Conte che fine fa il disegno strategico di un’alleanza strutturale con l’universo grillino già debitamente rieducato?

E infatti Zingaretti preme per una nuova formula di coordinamento. “Non bisogna perdere la forza e le potenzialità di una alleanza con il Movimento 5 Stelle e con Leu basata su proposte comuni sul futuro dell’Italia”.

Ma la scena e il contesto sono cambiati, e un redde rationem si profila anche al Nazareno.

Renzi ora promette “sobrietà e zero polemiche”

Renzi? Renzi ha stravinto e, sebbene maledetto da mezza Italia che non gli perdona di saper tenere almeno le carte in mano, si mostra ecumenico. “Ora è il tempo della sobrietà. Zero polemiche, Viva l’Italia”.

O Italia Viva, che comunque ci ha ricordato che anche i partitini del 2% non vanno snobbati. Segno che Leu ha intenzioni ribalde?

LeU spera nella conferma di Speranza ministro

Nicola Fratojanni l’ha buttata lì, non siamo più della partita. Ma finché c’è guerra, c’è Speranza: fra i ministri uscenti potrebbe anche restare come mosca bianca in un  governo tutto tecnico. E’ apprezzato e un ministero di peso non si getta alle ortiche. Per questo, come Zingaretti, insiste a invocare un patto Pd-Leu-M5S.

M5S. Grillo invoca “lealtà”. Ma a Conte

Già M5S? Hanno perso tutto, i valori li hanno negoziati tutti. Al momento più forti si levano le grida alla Di Battista, Grillo è uscito solo dopo che Draghi ha accettato per ordinare “lealtà” ai suoi (e in privato a qualche dirigente). Ma a Conte. I cittadini del popolo aspettano. Si prevedono implosioni, tumulti, scissioni.

Oppure no? “Per dire no alla soluzione individuata dal Presidente Mattarella bisognerebbe avere pronta una valida alternativa politica”, l’affilato ragionamento di Dalila Nesci, deputato del M5s, animatrice del think tank Parole Guerriere.

Una specie di “sfiducia costruttiva”, fai saltare il tavolo solo se ne hai già pronto uno nuovo con cui sostituirlo. E se anche i guerrieri si mettono a pensare…

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