Governo, ce ne sono due: uno per i partiti safety car e uno per quelli insofferenti (dentro M5s, Leu e...Pd) Governo, ce ne sono due: uno per i partiti safety car e uno per quelli insofferenti (dentro M5s, Leu e...Pd)

Governo, ce ne sono due: uno per i partiti safety car e uno per quelli insofferenti (dentro M5s, Leu e…Pd)

Come ad un matrimonio, nel governo Draghi, ci sono invitati e ministri di serie A e B. I primi, gli amici e i più intimi, sono i tecnici nei dicasteri chiave per il Recovery. I secondi, i parenti lontani che si è più o meno obbligati ad invitare, sono i rappresentati di partito.

Partiti che, mutuando l’immagine dalle corse automobilistiche, ora devono stare in fila dietro la safety car, in attesa che altri sistemino la pista. Posizione rispettata sostanzialmente da tutti, gli unici che non sembrano essere in grado di digerire l’intervento del controllo di gara, dell’arbitro, sono grillini ed ex rifondaroli, oltre ovviamente l’estrema destra meloniana e una fetta del Pd che però continua ad aver un problema personale con Renzi più che le regole.

Governo safety car: quello che deve gestire i soldi dell’Europa

Duecentonove miliardi. A tanto ammontano i finanziamenti che l’Europa ha destinato all’Italia per rimettersi in piedi dopo la più grave crisi sanitaria ed economica che memoria ricordi, guerre escluse. La gestione di questi fondi, insieme ovviamente a quella dell’emergenza sanitaria tutt’altro che risolta, è la partita chiave del governo presieduto da Mario Draghi. Su questo si gioca non tanto e non solo il futuro dell’esecutivo, ma quello del Paese.

Così, in un governo dalle tantissime gambe, dove tutti per ragioni politiche-pratiche dovevano trovar posto, dalla Lega al Pd, dai 5Stelle a Forza Italia, i ministri ‘tecnici‘ sono pochi. Meno della metà. Ma sono tutti nei posti chiave e a loro spetterà la gestione delle stragrande maggioranza dei fondi europei.

Governo safety car: chi sono i ministri tecnici nei posti chiave 

L’Economia passa da Roberto Gualtieri, scuola Pci, ex dalemiano, a Daniele Franco, uomo con una carriera professionale in Bankitalia, ma anche in Commissione Europea come consigliere economico e poi alla Ragioneria dello Stato dal 2013, pulpito dal quale, proprio sui conti pubblici, si era scontrato con quasi tutti gli ultimi governi, a partire da quello guidato da Renzi per finire al Conte 1.

Anche per la Transizione ecologica, ministero centrale nella sfida del recovery che dovrà sovrintendere agli investimenti per trasformare l’economia in senso sostenibile e avrà deleghe importanti in materia di energia e ambiente, Draghi ha scelto un tecnico: Roberto Cingolani, fisico con una carriera nella partecipata ‘Leonardo’.

Ragionamento simile per quanto riguarda il ministero della Transizione digitale, altro organo vitale del piano di ripresa anti-crisi. Anche qui la scelta è caduta su un tecnico: Vittorio Colao, dirigente d’azienda, autore dell’ormai noto ‘piano Colao’ commissionato dal governo Conte 2 per affrontare la crisi economica e poi accantonato.

Così come la Giustizia, anche Lei chiamata in causa dal recovery fund, con la riforma della Giustizia da tempo richiesta da Bruxelles, affidata a Marta Cartabia, presidente emerito della Corte Costituzionale. Questi, insieme a pochi altri, sono gli ‘amici intimi’ di Draghi. Quelli che siederanno al tavolo degli sposi.

Governo safety car: i ministri politici

Più in là, non in disparte ma quasi, Roberto Speranza, lo zio con cui forse non si va d’accordo e che non si vede da anni ma di cui, in questo momento, proprio non si può fare a meno. E poi Giorgetti, l’amico di famiglia che se non lo inviti poi devi sentire i rimbrotti dei cugini lombardi e Di Maio, quello con cui proprio non sei mai riuscito ad andare d’accordo ma a cui nonna è tanto legata. Lo si può immaginare così il governo Draghi, come un matrimonio, un governo a cerchi concentrici. Per spiegare invece l’attuale situazione politica italiana, l’immagine migliore è quella della safety car.

Immagine evocata per primo da Matteo Renzi in una lettera a La Stampa: “È come se dopo un incidente fosse entrata nel circuito di Formula1 una Safety Car. Tutte le monoposto in competizione sono costrette a rallentare, a cambiare strategia sul rifornimento, a ripartire in una situazione diversa”.

Governo degli insofferenti: dentro M5s, Leu e…Pd

L’immagine è efficace ma, a differenza di quanto accade in Formula1, tra le monoposto della politica italiana c’è chi è insofferente anche alla safety car. La Meloni, certo, che in da subito si è chiamata fuori e non vede e non riconosce l’incidente appena occorso. E poi i M5s prossimi alla loro prima scissione, lacerati dal sostegno a Draghi, l’uomo delle banche, e dall’addio di Dibba. Con loro gli ex di rifondazione, scissi come pronosticava Guzzanti-Bertinotti, in tanti piccolissimi partiti comunisti con Leu a far da capofila e, non ultima, una fetta del Pd. Fetta non enorme ma nemmeno irrilevante composta per lo più da uomini e donne che le regole conoscono e la safety car rispetterebbero, ma che non riescono a farsi una ragione del fatto che a farla intervenire sia stato Matteo Renzi.

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