Governo Letta evita scissione nel Pd che aspetta la resa dei conti

Pubblicato il 29 Aprile 2013 - 06:35 OLTRE 6 MESI FA
entico letta

Enrico Letta: il suo governo ricompone il Pd

Con il giuramento di Enrico Letta e dei suoi ministri e ministre nelle mani del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è stata

“messa la parola fine a due mesi che per il Pd sono stati cupi come un incubo”.

Ma, secondo Federico Geremicca, (La Stampa, Nel Pd big furiosi, presto la resa dei conti) non è ancora finita:

” si attende di sapere cosa pensa di quanto accaduto lo storico gruppo dirigente dell’Ulivo prima e del Pd poi. D’Alema, Bindi, Prodi, Veltroni, Finocchiaro e gli altri sarebbero furiosi per la gestione del dopo-voto”.

Per ora

“Il bilancio è pesante, e le macerie che ingombrano il terreno sono lì a confermarlo: un segretario costretto alle dimissioni, un gruppo dirigente triturato, la rabbia di iscritti ed elettori, il patto con Sel infranto e addirittura il rischio di rotture e scissioni. Politicamente, un disastro”.

“Ma la circostanza che probabilmente eviterà scissioni (o le ridurrà al minimo) è proprio il profilo dato al governo Letta. L’assenza di esponenti Pdl «impresentabili» e quella – contemporanea – di tutti i leader storici del pd (da D’Alema a Marini, da Veltroni a Bindi) hanno tolto molti argomenti al cosiddetto «fronte scissionista» (che Civati quantifica in una cinquantina di parlamentari e Puppato in solo una ventina)”.

“Il Congresso era già previsto per l’autunno, l’Assemblea nazionale deciderà se anticiparlo e – soprattutto – su che binari incanalare un confronto politico non più rinviabile. E il fatto che a questi appuntamenti il Pd ci arrivi con Bersani e la sua segreteria già dimissionari può forse favorire una discussione più libera da personalismi”.

“I democratici hanno assoluto bisogno di un confronto politico a tutto campo col quale tornare a definire la linea da seguire, la natura del partito e perfino gli strumenti attraverso i quali assumere decisioni. Si è rivelato dopo il voto un partito incapace di scegliere tra due opzioni politiche addirittura opposte: per sintetizzare, se cercare una alleanza con Grillo o con Berlusconi. Una indeterminatezza che nel voto per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica ha portato il Pd all’impensabile: e cioè a votare per Marini il giovedì assieme a Berlusconi, e il giorno dopo per Prodi contro Berlusconi”.