Governo Letta, oggi la fiducia. Parola chiave “responsabilità”

Governo Letta, oggi la fiducia (Foto Lapresse)

ROMA – Governo Letta, è il giorno del test di fiducia in Parlamento. Dopo un esordio turbato dai colpi di pistola sparati da Luigi Preiti davanti a Palazzo Chigi proprio mentre i ministri prestavano giuramento, la responsabilità, parola chiave attorno alla quale è nato questo governo, diventa tema cruciale. Tanto da divenire uno dei passaggi clou del discorso che il primo ministro Letta pronuncerà alla Camera e al Senato.

La conferenza dei capigruppo della Camera ha messo a punto il timing del dibattito sulla fiducia. Letta  interverrà alle ore 15. Sospensione alle 16 per consegnare il testo dell’intervento al Senato. Dopo le 18 ci sarà la discussione generale. Dalle 20 circa l’appello nominale  e il voto di fiducia che arriverà dopo le 21.

Da quel discorso dipenderà la vita dell’esecutivo. L’incognita dei dissidenti, in casa Pd, potrebbe momentaneamente venire aggirata dalle parole che Letta pronuncerà in Aula. E su questo, racconta Marzio Breda sul Corriere della Sera, non sembra che Napolitano abbia dovuto dispensare particolari consigli. Sui temi caldi dell’emergenza italiana i due hanno verificato una “sintonia naturale”, racconta Breda.

Il premier intende pure sottolineare la sua volontà di ”ascolto” delle proposte delle opposizioni  sui temi economici. Evitando parole che possano essere lette come strumentali, esprimerà anche solidarietà ai due carabinieri feriti domenica davanti a Palazzo Chigi.

Il discorso di Letta, si incentrerà su due aspetti: il primo riguarderà la formula politica alla base del governo; il secondo si concentrerà sul programma, che poi è un elemento essenziale nell’identificazione della natura dello stesso esecutivo.

Per quanto riguarda la definizione di questo esecutivo, Letta ricorderà che nella Costituzione italiana si parla di governo, senza ulteriori aggettivi. Insomma tutti i governi sono politici, e in qualche modo, sottolineerà, lo è stato anche quello a guida Monti. Ma, oggi, le forze politiche che hanno sostenuto quell’esecutivo, ci ”mettono la faccia” in prima persona, assumendosene la ”responsabilità”.

Riprendendo un passaggio del discorso di Napolitano alle Camere, Letta sottolineerà la necessità di superare la demonizzazione dell’accordo, sintetizzato nel termine ”inciucio”. Anche in altri grandi democrazie europee dell’alternanza, come Germania, Olanda o Gran Bretagna, di fronte a un ”hung Parliament”, i partiti hanno avuto il coraggio di mettere da parte certe contrapposizioni, quando ”la casa brucia”. D’altra parte questa collaborazione è stata già sperimentata nell’ultima Legge di Stabilità (la ex Finanziaria) che fu riscritta grazie alla collaborazione tra Pd, Pdl e centristi.

Per quanto riguarda sempre il programma, il premier riprenderà una sollecitazione di Napolitano nel discorso di insediamento in Parlamento, quando sferzò i partiti a varare quelle riforme finora sempre rinviate.

Prendendo spunto dalle indicazioni dei ”saggi” il discorso si soffermerà, in merito a economia e lavoro, su alcune urgenze da affrontare già nelle prossime settimane, come il rifinanziamento della Cig in deroga per 1 miliardo.

A medio e lungo termine la parola d’ordine è una: ”crescere, crescere, crescere’‘. Ma come? Per far ripartire la domanda aggregata interna, occorre puntare ad un alleggerimento delle imposte su lavoro e imprese, attraverso ”tagli selettivi” della spesa pubblica, o meglio di quella improduttiva; perché alcune voci, come scuola, o ricerca, chiedono anzi altre risorse.

E’ poi essenziale un cambio delle politiche europee, che si sta già materializzando a giudicare dagli ultimi interventi del commissario Rehn. Il governo, spiegherà Letta, proporrà per esempio di escludere dal patto di stabilità gli investimenti o i cofinanziamenti nazionali dei Fondi europei. Anche perché solo la crescita rende ”sostenibile” il debito pubblico.

E poi le riforme istituzionali. Attenzione, dirà Enrico Letta, anche quelle costituzionali possono essere fatte in pochi mesi: e nel caso si punti ad una Convenzione per una riforma complessiva, si può nell’immediato vararne in Parlamento alcune più limitate su cui c’è condivisione, come il taglio dei parlamentari. Su tutte le riforme e su quella elettorale, il presidente del Consiglio si appellerà a ”tutto il Parlamento” affinché anche i Partiti che vogliono stare all’opposizione non si sottraggano a questa ”responsabilità”.

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