Il governo: 9 febbraio festa dello “stato vegetativo”, giornata della vendetta di Stato contro Eluana

di Lucio Fero
Pubblicato il 3 Dicembre 2010 - 16:40 OLTRE 6 MESI FA

Eugenia Roccella

Il Signore, se c’è, di sicuro li perdonerà per ciò che dicono e fanno. Anche se è più che probabile che anche lui proverà un moto di fastidio, una tentazione di allontanare da sè il calice di “comprendere” anche questo. Comprendere come possa essere morta, estirpata, non solo ogni pietà ma anche ogni decenza. Qualcuno in questo sfortunato e sfregiato paese, qualcuno a nome del governo ha indetto per il prossimo nove febbraio la “Giornata degli stati vegetativi”. Stati con la minuscola, cioè la giornata che celebra lo “stato vegetativo” in cui per loro dramma vivono e sopravvivono esseri umani colpiti da malattia terminale o coma profondo indotto da lesioni. Si celebrerà, per volontà di governo, il loro dolore, anzi il loro sacrificio. Che verrà offerto come pegno e tributo alla religione di Stato. Di Stato, non quella cattolica che la pietà la conosce e anche il pudore. Quel qualcuno è il sottosegretario Eugenia Roccella che, non sazia dell’orrore linguistico e concettuale della “giornata dello stato vegetativo” ha spiegato che sarà anche la giornata della vendetta. Vendetta sul nome, sulla storia, sulla scelta degli Englaro.

Infatti il nove febbraio è l’anniversario della morte di Eluana, decisa, secondo la Roccella, “dalla magistratura”. Il messaggio è chiaro e forte: ci prendiamo la rivincita nel giorno stesso in cui avete “vinto voi”. Nel giorno in cui lo stato vegetativo di Eluana ha avuto fine, “noi” celebriamo la grandezza dello “stato vegetativo”. Non è chiarto se la manifestazione prevederà la pubblica esposizione di umani in stato vegetativo, ma vedrete che qualcosa del genere inventeranno. Non è una cattiva scelta, è una scelta cattiva. Ignorante e insolente come quella di chi, e sono stati tanti, hanno parlato di “eutanasia” a proposito di Mario Monicelli. Eutanasia è “buona morte”, dolce morte al posto di morte dolorosa. Solo la cattiveria, della mente e dell’anima, può pensare sia dolce morte gettarsi da un balcone di ospedale. Avesse voluto l’eutanasia Monicelli avrebbe dovuto chiedere a qualcuno una pillola o un’iniezione, condannando questo qualcuno ad essere perseguito dalla legge quale autore di un reato. Non è stata eutanasia quella di Monicelli, è stata scelta del tempo in cui finire la propria vita. Scelta che nessuno propaganda e cui nessuno pensa di dedicare una “giornata del basta”.

Ignorante e insolente la Binetti in Parlamento e ignorante e insolente il “dibattito politico” anche per bocca di chi ha voluto, comed i radicali, appropriarsi del gesto di Monicelli. Il buon senso e i sondaggi di opinione, la umana pietà e l’umana ragione, il sano e comune sentire dicono insieme che come morire è questione che riguarda nell’ordine l’individuo, il medico, i parenti più stretti. Preti e Parlamenti, partiti e governo dovrebbero stare i più lontani possibile da questo momento e da questa scelta. Nulla imporre, nulla comandare, nulla condannare, nulla approvare. Questo, solo questo è umano di fronte all’umano morire e di fronte all’umano vivere. Nessuno può e deve dire a nessuno quale è lo “stato di vita” corretto, obbligatorio, soddisfacente. Nessuno, se non i genitori e i medici potevano e dovevano dire ad Eluana. E nessuno può e deve dire ad altri che altra e diversa scelta fanno. Ma qui non solo non c’è il “rispetto”. Rispetto per l’uomo, la donna, la vita e la morte. Qui c’è la “celebrazione dello stato vegetativo”. Peggio, molto peggio di quando in epoche dette oscure si mostravano le amputazioni e le piaghe come “dono di dio”. Qui ci sono menti “oscure” che additeranno esseri umani in stato vegetativo come campioni ed esempi. Il Signore li perdonerà, nessun altro dovrebbe.