Grazia a Berlusconi? Esercito di Silvio in campo. Napolitano: “Deve chieder lui”

Pubblicato il 4 Agosto 2013 - 06:05 OLTRE 6 MESI FA
Grazia a Berlusconi? Esercito di Silvio in campo. Napolitano: "Deve chieder lui"

Berlusconi e Napolitano: “La grazia deve chiederla lui”

Sulle possibilità e sulle prospettive concrete che la sentenza che ha condannato, in via definitiva, Berlusconi a 4 anni di galera possa essere cancellata in qualche modo, hanno scritto in tanti. Segue una sintesi di quel che è uscito su Messaggero, Giornale, Stampa, Corriere della Sera e Repubblica.

Sul Messaggero, Claudia Terracina, scrive che si parla di contatti tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Berlusconi e Gianni Letta:

“Ma al Quirinale non confermano. Il confine tracciato da Napolitano resta sempre il rispetto delle regole. In particolare delle sentenze e del lavoro dei magistrati. Anche le reiterate richieste di grazia da parte dei capigruppo del Pdl di Camera e Senato, Brunetta e Schifani, non possono, allo stato attuale, essere considerate dal Capo dello Stato. E per sgomberare il campo da ipotetiche quanto irrealistiche concessioni della grazia per Berlusconi, ambienti del Quirinale ricordano che è la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda. Gli accorati appelli dei presidenti dei gruppi parlamentari pidiellini non seguono dunque il giusto iter. Tanto meno possono impressionare il presidente della Repubblica i presidi davanti al Quirinale annunciati dal cosidddetto esercito di Silvio“.

Di un contatto col Quirinale da parte di Gianni Letta ha scritto anche Massimiliano Scafi sul Giornale di Berlusconi. Gianni Letta

“sonda gli umori di Napolitano, vuole capire se per Berlusconi ci sono ancora vie di uscita. Nei prossimi giorni, dice, i capigruppo del Pdl Brunetta e Schifani saliranno sul Colle con le firme di tutti i parlamentari per chiedere ufficialmente la grazia.

“Napolitano però, che non vuole «alimentare false illusioni», scarica la questione sul Guardasigilli, che è Annamaria Cancellieri:

«È la legge  a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda». La posizione di Napolitano è nota. Ha già definito l’idea un «analfabetismo costituzionale» perché il Quirinale non è una Corte di quarto grado, perché servirebbe comunque l’apertura di una pratica del ministero della Giustizia e perché, per la legge, prima della clemenza almeno un minimo di pena bisogna scontarla [è il caso  proprio del direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, graziato dopo pochi giorni ai domiciliari] .

Francesco Grignetti, sulla Stampa vede il cammino di Berlusconi nell’immediato futuro come

“un lungo percorso a ostacoli. Non soltanto l’aspetta l’appello del processo Ruby a Milano, ma anche una battaglia al Senato per contrastare la decadenza dalla carica di senatore e la susseguente incandidabilità per 6 anni.

“Sono gli effetti della legge Anticorruzione del governo Monti. In presenza di una condanna a 4 anni per reati fiscali, anche senza la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, un eletto decade per «sopraggiunta incandidabilità». Sembrerebbe una procedura facile. E invece.

«La legge- spiega Andrea Augello, Pdl, relatore sul caso Berlusconi in Giunta Elezioni è stata appena approvata e non ci sono precedenti a cui affidarsi. È evidente che ogni passo andrà ben valutato per evitare di fare pasticci. Prima di tutto dobbiamo verificare se rientriamo nella fattispecie prevista dalla legge».

“Carlo Giovanardi è meno criptico: «Al senatore Silvio Berlusconi – dice – non può applicarsi la pena accessoria della “ineleggibilità sopravvenuta” in quanto entrata in vigore nel 2012, mentre i fatti per cui è stato condannato risalgono a molti anni prima».

“Augello: «A differenza del caso Previti, dove c’era una sentenza definitiva che lo privava dei diritti politici e il Parlamento doveva semplicemente verificare che non vi fosse un “fumus” persecutorio, e non poteva decidere sì o no, con Berlusconi la pena dell’interdizione neanche c’è. Eppure per un singolare automatismo, il Parlamento è chiamato a farsi giudice di quarto grado e a stabilirne decadenza e incandidabilità. Diciamo che si accentua la nostra veste paragiursdizionale». «L’incandidabilità non è affatto automatica come sento dire. Discende dalla nostra decisione sulla decadenza. Che va discussa e votata, sentito l’interessato, in Giunta e poi nell’Aula».

“C’è poi il problema dell’indulto che potrebbe aprire una aspra discussione: Berlusconi di fatto è condannato a 4 anni o a 1 anno? Le cose cambierebbero. Ammette il socialista Enrico Buemi: «Sull’argomento non esiste giurisprudenza, né prassi consolidata e quindi la Giunta si dovrà orientare rispetto a eventuali contributi della dottrina, ancorché esistano, visto il limitatissimo lasso di tempo intercorso tra l’entrata in vigore della legge e la sentenza». Ma Felice Casson, Pd, la pensa già diversamente: «Questo problema dell’indulto di cui si parla nei corridoi, non esiste. Si contano 4 anni. E la sentenza della Cassazione è già un titolo esecutivo; bisogna solo applicarla».

“In ogni caso, considerando che è prossima la chiusura per ferie del Parlamento, a meno che l’ufficio di presidenza della Giunta non decida diversamente, il 7 agosto ci sarà l’ultima riunione del mese e si rinvia il tutto a settembre. Nel frattempo il relatore Augello studierà le sentenze e alla prima riunione utile farà la sua introduzione. Ci vorranno poi quattro o cinque sedute, ma alla fine, nel giro di due mesi al massimo, la Giunta voterà la sua proposta per l’Aula. E si arriva a dicembre. In Aula si ricomincia con dibattito e voto. Che potrà essere segreto se lo chiederanno almeno 20 senatori. E se succedesse che il Senato a sorpresa votasse contro la decadenza del Cavaliere? «In questo malaugurato caso, risponde Casson – sono sicuro che la Corte costituzionale non avrebbe difficoltà a dare torto al Senato».

Sul corriere della Sera, Marzio Breda, nota che

“com’era scontato aspettarsi, ricomincia anche il tormentone della grazia. A evocarla per primi, stavolta, non i giornali di osservanza berlusconiana, ma i militanti del fantomatico «Esercito di Silvio». Che annunciano una petizione per chiedere a Giorgio Napolitano «la concessione immediata» di un provvedimento di clemenza per Berlusconi. Se davvero si concretizzerà, per il presidente della Repubblica questa rischia di essere un’iniziativa quantomeno imbarazzante.

Basta riandare a quel che disse il 12 luglio scorso, quando con parole aspre fermò la rincorsa di retroscena su un presunto «piano di salvataggio» per Berlusconi, che sarebbe stato già pronto perfino nei dettagli.

“Quel percorso, avverte Marzio Breda, appare ancora adesso difficilmente praticabile, per diversi motivi. Anzitutto, una grazia che intervenisse subito dopo una condanna definitiva si configurerebbe di fatto come un quarto grado di giudizio, tale da smentire e potenzialmente delegittimare la stessa Corte. E poi, per concedere un provvedimento di clemenza, servono certi requisiti minimi (ad esempio un’istruttoria del ministro della Giustizia, almeno un inizio di espiazione della pena, un parere favorevole degli organi penitenziari e dei servizi sociali, ecc.) che in questo caso mancherebbero. Senza contare che su Berlusconi pendono comunque alcuni altri processi destinati ad approdare a sentenza definitiva nei prossimi due-tre anni.

“Il discorso potrebbe invece essere diverso, forse, per altre forme di salvacondotto più o meno efficaci (un’amnistia o un indulto sono esclusiva competenza del Parlamento) su cui in queste ore sta almanaccando il centrodestra.

“Segnali di un partito sotto choc, indizi che preoccupano molto Napolitano. Tanto da indurlo, a tarda sera, a far diramare una nota chiarificatrice: «È la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda di grazia». Il senso della puntualizzazione è che questa strada, così come la si vorrebbe imboccare, è strettissima e anzi impraticabile perché, come recita il Codice di procedura penale, la domanda dev’essere sottoscritta «dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale». Non certo da esponenti politici, insomma”.

 

 

Repubblica

Lo stop del Quirinale al Pdl “Non potete chiederla in questo modo” e dice no alle elezioni anticipate

Il capo dello Stato aveva già detto: semmai mi dimetto io

UMBERTO ROSSO

. Giorgio Napolitano ha fatto capire a tamburo battente al Pdl che non è disposto ad accettare spallate: la porta alla fine anticipata della legislatura resta sbarrata. Schifani, dopo l’assemblea che ha lanciato l’ultimatum, lo ha cercato al telefono per spiegargli la situazione e chiedergli un «incontro urgente».

Ma da Napolitano era già arrivato un primo schiaffo, attraverso una precisazione venuta dal Quirinale. Intanto, la richiesta di grazia non può essere avanzata da Schifani e Brunetta, è la legge a stabilire «quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda ». Lo stesso Berlusconi o un congiunto. Ma soprattutto ci sono dei criteri da rispettare, a cominciare dal requisito della buona condotta e del “ravvedimento”, condizioni che nel caso del Cavaliere con tanti processi ancora aperti difficilmente ricorrono.

Piuttosto che assistere alcrollo dell’operazione Letta, come ha lasciato intendere anche in interventi recenti, il capo dello Stato sarebbe perfino disposto a mettere sul tavolo l’arma dirompente delle sue dimissioni, come deterrente per far vivere il governo.

Già irritato per il videomessaggio di Berlusconi (che avrebbe invano sconsigliato), Napolitano ha assistito con grande preoccupazione ieri all’escalation dell’offensiva condita, agli occhi del Quirinale, da una buona dose di improvvisazione.

Lanciare la minaccia dell’Aventino con il ritiro dei ministri e le dimissioni dei parlamentari, finendo dritti alla crisi del governo, è un aut aut che al Colle non piace per niente e non accetta. C’è subito dunque un primo no di Napolitano davanti al pressing delPdl. Ai due capigruppo che hanno chiesto un incontro per la grazia il presidente fa rispondere con quella ufficiosa precisazione del Quirinale.