Bersani, prima di Grillo deve convincere il Pd. Renzi attende sulla riva del fiume

Pubblicato il 4 Marzo 2013 - 11:16| Aggiornato il 24 Agosto 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pierluigi Bersani formalizzerà alla Direzione nazionale del partito di mercoledì (6 marzo) la sua linea, a questo punto la sua linea del Piave: Grillo decida se appoggiare i miei 8 punti e sostenere un governo a mia guida o si va tutti a casa, lui compreso. Matteo Renzi, intanto, che doveva riunire a Firenze martedì (5 marzo) 51 “suoi” parlamentari, ha rinviato l’incontro: una riunione di corrente mentre il partito decide le sorti del paese non sarebbe stato un bel vedere, tanto più che un velo di mistero sembra essere calato sulla possibilità che il sindaco intervenga alla Direzione. Dall’entourage del sindaco non filtra nulla ma appuntamenti e disdette confermano la volontà di Renzi di avere un ruolo attivo nella politica nazionale in vista di un ritorno alle urne.

Del resto, che Renzi debba avere un ruolo, lo ha ammesso lo stesso Bersani che, però, lavora alla prospettiva opposta: un governo del cambiamento con chi ci sta, unica prospettiva per la quale si chiama in causa. Dovesse naufragare perché Grillo non ne vuol sapere di votare alcuna fiducia (magari puntando a tenere Monti fino a giugno), toccherà a qualcun altro guidare il Partito Democratico in acque diverse. Il concetto Grillo lo ha ripetuto al New York Times domenica, mentre dribblava mascherato i media italiani: “Votare la fiducia a questi sarebbe come se Napoleone si alleasse con Wellington”.

Prima ancora di convincere i parlamentari del Movimento 5 Stelle, Bersani deve convincere i suoi. Secondo il Corriere della Sera, nonostante la scuffia elettorale, la rotta politica che Bersani indicherà in Direzione, può reggere l’urto e la sfida del governo monocolore Pd aperto ai grillini: nonostante l’evocazione obbligata delle Idi di Marzo, il 65% della Direzione starebbe con lui.

Non è poco, specie dopo una “sconfitta” (la parola alla fine è riuscita ad imporsi). Non è abbastanza per togliere di mezzo il condizionale. Se Renzi si organizza ma senza partecipare, è perché anche lui crede a un ritorno alle urne per il quale sarebbe, a quel punto, l’unico vero candidato plausibile del Pd (si dice sia d’accordo addirittura D’Alema mentre il bersaniano di ferro Fassina si ostina in anticipo a considerare il segretario la figura più forte per l’eventuale campagna elettorale).

Insomma Renzi è “attivamente” seduto sulla classica sponda del fiume ad aspettare che un cadavere finisca col transitare…Ma gli altri, le cosiddette anime del Pd, in che tipo di rovello sono intrappolate? Su Europa, il quotidiano della rive droite del partito, tracce di veleno e riflessi di pugnali sguainati si iniziano a intravedere: se congiura ci sarà, per ora è ben nascosta. Ma qualche defezione, certi distinguo nel campo del segretario aspirano a essere notai più che celati.

Due interviste di Alessandra Moretti e Tommaso Giuntella (due fedelissimi, addirittura scudieri di Bersani alle primarie vittoriose) lasciano intuire il clima che si respira al Nazareno (sede del Pd a Roma) attorno al segretario. La prima aveva parlato espressamente della necessità di un passo indietro del segretario “se la direzione individuasse un’altra figura di garanzia per dialogare con il M5S”. Il secondo aveva espressamente criticato la gestione della campagna elettorale, lamentando l’assenza di una strategia.

Tra i fedelissimi del segretario ci sono anche gli arrembanti “giovani turchi”, in prospettiva veri antagonisti dei renziani: sostengono la linea Bersani, i vari Orfini, Fassina, Orlando, ma non si arrenderebbero ai no di Grillo. O governo o voto, con Bersani e una decisa sterzata a sinistra, per combattere con Grillo sul suo stesso terreno, per non rimanere di nuovo invischiati in cautele centriste o montiane ecc.

Tra i maggiorenti che mercoledì esamineranno la proposta Bersani, complice l’età, in pochi condividono i bollenti spiriti dei giovani turchi e dei renziani: l’apertura a Bersani assomiglia più alla concessione di una licenza per spaccarsi la testa sul muro di Grillo al posto loro. Nessuno si spende per governissimi o inciuci di sorta, in questo momento sarebbe solo autolesionista: quello che chiedono, sommessamente, è di evitare di tagliare ogni ponte con Napolitano, riservarsi una via d’uscita onorevole perché non ci si può impiccare alle lune di un Grillo.

La strada di Bersani è pertugio strettissimo di cui comunque non è dato sapere se e dove possa sbucare. L’impressione è che nessuno di quelli che discettano di ritorno immediato alle urne abbia fatto i conti con l’oste: Napolitano ha già dimostrato che a tirargli la giacca ci si fa male da soli. E di nuove elezioni ha già detto di non volerne sapere, né per lui che non può, anche volesse, sciogliere le Camere, né per il suo successore, che qualcuno avrà pur votato.