Hitler, Gesù e Maria e la ‘ciulatina’: la vis comica di Berlusconi barzellettiere

Silvio Berlusconi

La ciulatina con la cameriera, Maria vergine che preferiva una femminuccia e, dulcis in fundo, l’Adolf Hitler redivivo. Sono tre delle “perle” del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, uno che non può farci niente: la battuta gli scappa, è fatto così, indipendentemente dal fatto che si tratti di una cena tra amici o un’occasione ufficiale che più ufficiale non si può, di quelle in cui l’etichetta esigerebbe ben altro e austero contegno.

Se poi qualcuno non ride il consiglio di Berlusconi è sempre lo stesso: “Diffidate”. Chissà se il premier ha riso quando domenica, commentando la barzelletta su Hitler, Antonio Di Pietro ha parlato di “problema psichiatrico”.

Domenica 12 settembre, ad Atreju, al presidente del Consiglio  è partito l’ultimo colpo. Dopo una lunga lectio sul comunismo e i suoi mali è saltato a destra e ne ha raccontata una sul leader nazista: “Dopo un po’ che Hitler è morto – ha esordito Berlusconi – i suoi sostenitori vengono a sapere che è ancora vivo. Lo vanno a cercare per convincerlo a tornare e lui risponde: Sì torno, ma ad una condizione. La prossima volta cattivi, eh?”.

A febbraio, invece, per un periodo ha dominato il tema “sacro”. Il premier era in visita a Betlemme e ai frati ne raccontò una che rivistava la natività: “San Giuseppe vedeva Maria imbronciata. ‘Devi dirmi che cosa haì, le chiese per due volte. E lei, sempre: ‘Giuseppe lascia stare…’. ‘No Maria, tu devi dirmelò, la incalzava lui. E lei: ‘Lascia stare, ormai è fatta…». ‘No, devi dirmelò, insisteva Giuseppe. E Maria: ‘È che avrei preferito una femminuccia…”.

Il suo tema preferito, però, è la “ciulatina”. Domenica Berlusconi ha ricordato di striscio la “leggenda” delle sue grandi capacità amatorie. Qualche problemino di immagine, per le donne, il premier lo ha avuto ultimamente, ma il presidente del Consiglio non si è scoraggiato e non ha perso la voglia di riderci sopra. Un altro esempio: è il 29 giugno, Berlusconi è in visita ufficiale a San Paolo, in Brasile. Alla platea racconta: “Stamani in albergo volevo farmi una ciulatina con una cameriera. Ma la ragazza mi ha detto: ‘Presidente, ma se lo abbiamo fatto un’ora fa’…”.

Poi ci sono le barzellette involontarie (?), quelle che apparentemente non sono raccontate per far ridere gli astanti e sembrano semplicemente uscite spontanee di un personaggio che ama lasciarsi andare. Sempre domenica, Berlusconi ne ha regalate almeno un paio. La prima, quella sugli arbitri di sinistra che negano tre gol regolari al Milan. Anche gli arbitri, per il premier, sono comunisti. Solo che a Berlusconi stavolta è mancato lo spunto per chiudere il cerchio. Agli arbitri di sinistra bastava aggiungere “beh, è ovvio, sono giudici anche loro. Una volta erano giacchette nere, oggi predomina il rosso”.

Nello show di Atreju è poi passato quasi sotto silenzio un’altra performance del premier. C’erano i giovani del Pdl, anche tante ragazze. Ad un certo punto una ha provato a fargli una domanda “seria” di politica. Berlusconi ha risposto con un’altra domanda: “Mi dà il suo numero di telefono?”. Chi è serio è perduto, viene da dire. A proposito di “ciulatine”, poi, come non ricordare l’inseguimento per catturare un bacio ad un’operaia russa nella fabbrica russa della Merloni davanti ad un attonito (persino lui..) Vladimir Putin? Era il 2004, molto prima dell’affaire D’Addario, del ciarpame velinato e della separazione con Veronica Lario.

Che le bazellette in questione facciano ridere o meno, poi, è solo questione di  gusto personale. Un esercizio, forse potrebbe essere utile al discernimento: invece che dal presidente del Consiglio, si provi a immaginarle raccontate dallo zio pedante piuttosto che dal vicino di casa. Il risultato sarebbe lo stesso? Le barzellette, è vero, in gran parte dipendono da chi le racconta: Roberto Benigni risulterebbe di certo più efficace di un Visco o un Rotondi qualsiasi. Berlusconi, però, parte da un vantaggio posizionale. Le racconta sempre davanti ad una platea “amichevole” e tutta rivolta a lui. Ridere è anche atto di cortesia, non necessariamente prova di indomabile vis comica.

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