Il film su Giuseppe Conte (“L’Italia che Conta”) a Milano ha toppato di brutto: sala deserta, massimo venti persone e l’ingresso era gratuito. Un flop che si presta ad una doppia interpretazione: le crescenti difficoltà dei Grillini e un vento astensionista che si annuncia sempre più minaccioso. Con conseguenze, hanno detto molti ricercatori, rilevanti. Ad esempio: una bassa affluenza premierebbe i dem a scapito dei Cinquestelle e centristi (specie al Sud).
Fiutando il pericolo, Conte si è fatto in quattro con i suoi cavalli di battaglia: abbasso la guerra, viva il reddito, avanti con il Superbonus, forza green, più investimenti sulla Sanità, la Meloni e i suoi ministri sono dei dilettanti. Cose ripetute anche martedì sera nei “Cinque minuti” (Rai 1) di Bruno Vespa. E già che era nel salotto buono dell’80enne conduttore televisivo ha bacchettato pure lui che è financo una voce della Treccani e vende il suo vino sul Frecciarossa, prodotto in una masseria pugliese.
CONTE E IL CANTIERE CON IL PD – Interpellato sul futuro del campo largo o campo giusto, Giuseppi ha risposto: ”Per me quel cantiere non si è mai interrotto, sono traiettorie politiche che vanno costruite per formare una alternativa a questo governo che è particolarmente incapace e inidoneo. Non si può ragionare da soli e in modo prepotente. Ora ci sono delle elezioni in cui ciascuno tenta di migliorare le proprie performance, ma quella traiettoria non è mai stata messa in discussione”.
IL FLOP DI MILANO – Alla proiezione del film su Conte, in una saletta da 85 posti a sedere di Corso Garibaldi, si sono presentati una ventina di spettatori. Età media tra i 65 e i 70 anni. La serata kafkiana si è conclusa con l’inevitabile sabotatore che si aggirava fuori dalla saletta indossando un cartello con scritto “Conte a casa”.