Immirgati, per il Vaticano “non sono problema di ordine pubblico”

Per il Vaticano non bisogna temere gli immigrati, perché non sono un problema di ordine pubblico. «Occorre superare le paure che nascono dalle migrazioni viste come un’incognita, talvolta ridotta esclusivamente ad una questione di ordine pubblico da affrontare con la repressione». Con queste parole il presidente del Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti e i rifugiati, mons. Antonio Maria Vegliò, si rivolgerà nel suo discorso di apertura ai partecipanti del sesto Congresso mondiale del suo dicastero lunedì mattina in Vaticano.

Nel suo discorso – diffuso oggi – mons. Vegliò sottolinea che «la convinzione di fondo ecclesiale è che donne e uomini in emigrazione rappresentano una preziosa risorsa per lo sviluppo dell’interà umanità ». E osserva come «oggi appare sempre più importante puntare sull’integrazione», che non equivale affatto, avverte l’arcivescovo, «ad un processo di assimilazione forzata», con quest’ultimo che «umilia la persona e il suo patrimonio di cultura e di tradizioni», provocando, «presto o tardi», «rivolta e violenza».

Il presidente del dicastero vaticano citerà le parole del Papa contenute nell’enciclica “Caritas in veritate” per ricordare che «ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione».

Diritti da garantire anche agli immigrati irregolari che, si stima, rappresentano almeno il 15% della popolazione migrante totale, «purtroppo spesso alimentando un ‘mercato parallelò di tratta e traffico di esseri umani (trafficking e smuggling), frequentemente gestito dalla criminalità organizzata».

Mons. Vegliò nota come in periodo di crisi i lavoratori migranti siano «i più colpiti dal deterioramento del mercato del lavoro, i primi ad essere licenziati e gli ultimi ad essere assunti in forma regolare».

«In tale contesto – prosegue il prelato – abbiamo constatato in tempi recenti, spesso con tristezza e preoccupazione, che il modello dell’integrazione che impone l’assimilazione forzata, umiliando la persona e il suo patrimonio di cultura e di tradizioni, presto o tardi provoca rivolta e violenza. Ecco, invece, che nella società contemporanea – multietnica, multireligiosa e multiculturale – avvertiamo la sfida del dialogo come itinerario di pacificazione e di sviluppo».

Vegliò farà notare come esista una «ricca normativa esistente» per la tutela dei diritti dei migranti, anche se se spesso disapplicata: «Guardando al futuro – si legge nel testo del discorso diffuso oggi – si potrà probabilmente pensare a strumenti addizionali per provvedere alle lacune che emergono in un fenomeno umano in continua evoluzione e crescita o ad una nuova Convenzione internazionale che sintetizzi la normativa sui diritti e doveri dei migranti. Oggi, tuttavia, appare sempre più importante puntare sull’integrazione, che non equivale ad un processo di assimilazione».

Perchè, concluderà l’arcivescovo, «è principio di giustizia garantire ad ogni essere umano la dignità di appartenere alla famiglia umana».

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