NAPOLI – Impresentabile ma candidabile: sembra un brutto gioco di parole ma è sul fino dell’interpretazione che la Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi ha compilato la sua lista, ovvero quella dei politici che pur potendosi per legge e requisiti presentare alle elezioni, per via di alcune condanne e pendenze giudiziarie rendono tuttavia imbarazzante la loro presenza in lista. E così l'”impresentabile”, ma tuttavia candidabile (e dettaglio non trascurabile: aspirante presidente) Vincenzo De Luca denuncia Rosy Bindi per diffamazione e la sfida anche a un pubblico dibattito per sbugiardarla.
Bindi non ha fatto altro che ribadire ciò che è noto: De Luca è in quella lista perché pende un giudizio a suo carico per concussione per una vicenda del 1998, senza contare che è stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio. Ma quello che evidentemente non piace a De Luca è quel marchio di “impresentabile” a 48 ore dal voto. Sembra un paradosso ma tuttavia dargli torto è difficile: è stato ammesso alle primarie dal suo stesso partito che oggi gli dice che è impresentabile e tuttavia lo candida.
E De Luca non è il solo, alla sua denuncia per diffamazione se ne aggiunge un’altra. Probabilmente non sarà la sola perché gli impresentabili di Bindi sono 16. A seguire De Luca è al momento Carmela Grimaldi, candidata per la lista Campania in Rete (che sostiene De Luca) nella provincia di Salerno. A rendere nota la denuncia di Grimaldi, si legge in una nota Ansa, sono i parlamentari Vincenzo D’Anna, Antonio Iervolino e Arturo Iannaccone, ovvero gli ispiratori della lista indicata come vicina alle posizioni di Nicola Cosentino (ex Pdl in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa) che sostiene il candidato del centrosinistra Vincenzo De Luca. Anche qui di complicazioni non ne mancano.
Riassumendo, a 48 ore dalle Regionali abbiamo un candidato presidente bollato come impresentabile, ma non ufficialmente “espulso”, dalla Commissione Antimafia guidata da un forte rappresentante del Pd, Rosy Bindi, a sua volta ex presidente del partito di cui Renzi è segretario. E Renzi? Ha finora difeso, anche qui sul filo dell’interpretazione, un candidato presidente che se eletto potrebbe essere costretto dai magistrati a fare un passo indietro in ossequio alla legge Severino che fa decadere i condannati eletti. Più che De Luca, a uscirne con le ossa rotte, è il Pd.