Andrea Ghiotto, l’imprenditore vicentino della concia arrestato a dicembre per una maxi evasione fiscale, ha vuotato il sacco. Ha parlato di mazzette, imprenditori e Guardia di Finanza. Poi ha chiamato in causa consulenti e un funzionario dell’Agenzia delle Entrate.
La filiera della corruzione per evadere il fisco è più o meno sempre la stessa. Nessuna novità. A far saltare il tappo, come detto, la confessione-accusa, datata 28 dicembre, di Andrea Ghiotto. L’imprenditore, noto per uno stile di vita sopra le righe (attico in hotel, escort, feste e viaggi), ha fatto nomi, cifre, tempi e modalità.
La location è nel vicentino e l’indagine per corruzione, frode fiscale e riciclaggio coinvolge circa 150 aziende della concia e quasi 200 indagati. «Giovine – racconta Ghiotto riferendosi a un sottufficiale della Guardia di Finanza da poco in pensione – mi diceva che andavo incontro a pericoli. Io facevo il regalo di Natale e qualcosa prima delle ferie estive. Nel 2001 in lire, 20 milioni. Poi circa 20 mila euro all’anno, 10 a Natale e 10 per le ferie». Giovine, a capo del comando di Arzignano fino a poco tempo fa, secondo le accuse, avrebbe avvertito in cambio di danaro gli imprenditori locali sugli sviluppi delle indagini del nucleo di polizia tributaria.
Il sistema rivelato dalla maxinchiesta fiscale seguiva uno schema fisso: Ghiotto e altri si frapponevano con le loro società nell’importazione del pellame. Le imprese acquirenti, complici, pagavano la merce con l’Iva che poi però veniva retrocessa dagli stessi intermediari. Con un risparmio secco del 20% sui prezzi d’acquisto, sul quale lucrava naturalmente anche Ghiotto. Che risulta essere un frequentatore di San Marino: «Facevo bonifici presso una fiduciaria di San Marino – ha ricordato l’imprenditore -oppure assegni circolari che poi monetizzavo e andavo a prelevare. Pagavo il 2% di commissione per avere denaro contante, poi salita al 3%. Il denaro lo mettevo in un baule creato nella mia auto. Non appena rientrato da San Marino lo distribuivo».